I media americani riscoprono l’emergenza ambientale. Quelli italiani seguiranno
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Secondo una ricerca del Daily Climate, sito giornalistico americano indipendente che si occupa di ambiente, le notizie ambientali e sul cambiamento climatico sui media mondiali nel 2013 sono aumentate del 30% rispetto al 2012. Se nel 2012 gli articoli su temi green erano stati 18.546, nel 2013 erano saliti a 24.000, ma sempre sotto la media del 2007-2009 di 29.000 articoli all’anno.
Douglas Fischer, il giornalista del Daily Climate che ha svolto l’indagine, ha rilevato che i temi topici trattati sono stati fracking (tecniche estrattive di gas e petrolio), oleodotti, sabbie bituminose ed eventi meteorologici estremi. Alcuni tra i maggiori quotidiani internazionali nell’anno passato hanno visto crescere lo spazio concesso a questo genere di notizie; da segnalare Bloomberg News (+133%), USA Today (+48%), Wall Street Journal (+40%), mentre il New York Times ha registrato un calo del 10% con solo 883 articoli. Tra le grandi agenzie di stampa il primo posto tocca alla Reuters, che ha raggiunto le 1.100 notizie legate al clima. Anche su Internet, a livello globale, si registra una crescita dei siti specializzati in notizie ambientali.
Ma a che cosa è dovuto questo aumento di interesse nei confronti dei dati sull’ambiente? Ce lo spiega in poche parole David Sassoon, editor di Inside Climate News, sito che ha vinto il Premio Pulitzer: “La questione climatica non è più vista come qualcosa che vive dentro una bolla verde”, ma è sempre più “connessa a tutte le principali fonti di energia e alla storia dei fenomeni meteorologici estremi che ci curiamo di osservare”. La sicurezza energetica è diventata una questione prioritaria per la sopravvivenza delle economie più avanzate e per la crescita di quelle di recente industrializzazione, tanto che i temi che riguardano le infrastrutture petrolifere, i percorsi di gasdotti e oleodotti e la loro sicurezza sono divenuti la chiave di lettura della storia del clima negli ultimi anni, spinti dal dibattito sul fracking negli Stati Uniti e in Europa, dallo sfruttamento di vasti depositi di sabbie bituminose in Canada, dalla spinta della Russia verso l’Artico, dal controllo delle emissioni tossiche delle centrali a carbone e dalla crescente domanda di nuovi gasdotti.
Questioni ambientali quindi, e strategie geopolitiche. Un incrocio di temi che però non è piaciuto al sociologo Robert Brulle e ai media watcher dell’università del Colorado, che hanno rilevato come nella ricerca condotta dal Daily Climate si sia tenuto conto, in maniera troppo rilevante, di tematiche legate all’energia e al suo approvvigionamento. Secondo i ricercatori del Colorado, che hanno registrato solamente le storie che contenevano le espressioni “riscaldamento globale” o “mutamento climatico”, l’allargamento ad altre parole-chiave ha fatto lievitare la copertura mediatica delle notizie ambientali in maniera impropria.
Una diatriba su cosa è clima e su cosa non lo è ci fa forse un po’ allontanare dalla questione più importante, che riguarda l’accresciuta attenzione dei mezzi di comunicazione verso tematiche che non possono più essere trascurate o messe in secondo piano.
Un tipo di sensibilità che in Italia fatica però a imporsi, come registra Greenreport, quotidiano online che si occupa di ambiente, che sottolinea come sia “difficile capire quanto l’aumento della copertura delle notizie ambientali abbia davvero cambiato la percezione dell’opinione pubblica e della politica dei rischi del global warming”.
Ma essendo culturalmente noi figli dell’America a scoppio ritardato, non è difficile prevedere che fra qualche tempo la tendenza attecchisca anche in Italia.

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Francesca Carpanelli
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