“I libri non finiscono mai. Nemmeno i quaderni”,
il senso della vita di Andrea Cirelli
Tempo di lettura: 4 minuti
di Giovanni Brasioli
“I libri non finiscono mai”, ultimo lavoro di Andrea Cirelli, non scivola mai nella banalità e di certo non accontenterà le abitudini dei lettori di best-sellers. Nella narrazione si rimane sempre a distanza di sicurezza dai libri di ‘ricette’ spacciati per romanzi: 100 grammi di sangue, 200 di sesso, 300 di passione e morte, 5 grammi di critica sociale, 50 di location esotica, 800 grammi di luoghi comuni. Lo scrittore diverte, commuove e restituisce un po’ di onore al sano valore della gratuità come quando descrive il soccorso nei confronti di una ragazza svenuta, la veglia in ospedale e, una volta che le condizioni della giovane sono migliorate, l’andarsene senza essersi nemmeno presentato alla stessa.
A due anni di distanza dalla pubblicazione di “Segreti tossici” lo scrittore ritorna dunque sulla scena letteraria con “I libri non finiscono mai. Nemmeno i quaderni”. Mercoledì 7 dicembre, alla libreria “Feltrinelli” di Ferrara, è avvenuta la presentazione ufficiale del romanzo. L’autore, intervistato da Sergio Gessi (docente universitario e direttore di Ferraraitalia.it) e Riccardo Roversi (direttore della casa editrice Este Edition), ha sottolineato come questo libro, costituito da appena 76 pagine, sia un condensato di emozioni, sensazioni, considerazioni. La lettura, a fronte di una scrittura molto scorrevole e vivace, risulta accattivante. La trama prende le mosse da un quaderno di appunti ritrovato su una panchina in un giorno di primavera che in breve diventa una guida, un’agenda di viaggio su cui si sviluppa tutta la vicenda del protagonista (alter ego di Andrea Cirelli).
In questa società contraddistinta dalla continua ricerca del profitto viene coraggiosamente riproposta l’idea del “bene perseguito per il bene”. In questo mondo in cui “non esiste nessuna buona azione che resti impunita” il Signor C sottolinea quanto sia necessaria la generosità: non ci sono buone azioni che facciamo agli altri poiché le facciamo a noi stessi. Il protagonista del romanzo, eternamente proteso verso il prossimo, nel suo agire ci ricorda quanto sia importante dare fiducia agli uomini e non importa se poi questa fiducia verrà in un secondo tempo tradita. Dare fiducia non tanto perché il prossimo meriti la nostra fiducia ma in quanto nessuno merita di vivere nella sfiducia: è una brutta vita. Il percorso del protagonista corrisponde ad un viaggiare in solitudine verso una meta che va delineandosi con lo scorrere delle pagine: lo scrollarsi di dosso i ruoli che, da sempre, i sistemi di potere appiccicano sulla pelle dei governati per dividerli e spingerli in assurde guerre tra poveri: cristiani, musulmani, eterosessuali, gay, vegani, carnivori, comunisti, fascisti, italiani, immigrati. “Basta ascoltare e guardare la società che ti circonda – scrive Cirelli – senza cercare né di capire né di giudicare”, oppure ancora “Non sempre si deve conquistare, dominare, colonizzare, talvolta è utile solo capire”. Tra le pagine si scorge uno spiccato ‘Elogio alla solitudine’ ossia a quella condizione che i politici non si possono permettere: un politico solo è un politico finito. Da soli si riesce a pensare meglio ai propri problemi e, spesso, a trovare migliori soluzioni. Da soli, per assurdo, ci si ritrova maggiormente protesi verso il circostante, spesso rappresentato da un proprio simile e lo si riesce a capire meglio. Scorrendo le pagine del libro il Signor C ci insegna ad aver paura dell’uomo organizzato ma mai dell’uomo solo. “I libri non finiscono mai” trasmette una serenità a volte destabilizzante, altre volte disarmante. Scorrendo le pagine si comprende progressivamente quanto non sia poi così necessario trovare un senso nella vita poiché il senso della vita risiede nella vita stessa. Ci sono persone che inseguono carriere per diventare qualcuno e quindi attribuirle un senso: devo sposarmi, devo fare figli, devo collezionare likes su Facebook. L’autore smaschera con la leggerezza dei bambini quanta poca logica ci sia nell’affannarsi della vita moderna, nell’inseguire a tutti i costi una meta; mette in evidenza come l’unico modo per dare un senso alla vita sia quello di viverla pienamente, in tutte le sue sfumature. “I libri non finiscono mai” pone l’accento su quanto sia importante essere forti con se stessi ma allo stesso tempo clementi e soccorrevoli, senza compatire, nei confronti di chi ha bisogno, a volte solo di una parola, di una frase o di un gesto. Pagine imperdibili sono dedicate al “sogno”. In una società in cui “così è stato deciso e nulla può cambiare, semmai se stessi adeguandosi alla mediocrità” il Signor C si muove i direzione ostinata e contraria suggerendo al lettore di ricominciare a pensare in una prospettiva utopistica, a costo di essere presi per pazzi, con la consapevolezza insegnataci da Nietzsche che “quelli che ballano vengono visti come pazzi da quelli che non sentono la musica”. Si tratta, in fin dei conti, di un romanzo creato allo scopo di rendere i lettori parte attiva delle vicende, coinvolgendo emotivamente e realizzando un’esperienza visiva intensa, come se fossimo anche noi i protagonisti ai quali viene affidato l’arduo compito di riflettere, di soccombere agli eventi e di mantenere un segreto che urla per essere ascoltato.
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