‘I fiori di Mandy’ sbocciano fra Irlanda, Australia e… Sardegna
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I ‘Fiori di Mandy’ sono un band della provincia di Oristano nata nel marzo del 2016.
Tre giovanissimi musicisti: Edoardo Mantega, voce e chitarra, Raffaele Mura, batteria e percussioni, e Luigi Frau al basso. In poco più di due anni si
sono fatti notare sulla scena dell’alt-rock nazionale con la loro musica potente e originale, di cui curano musica e testi.
Nell’ottobre dello scorso anno hanno pubblicato il loro primo singolo ‘Afrodite’ e successivamente hanno inciso il loro primo ep dal nome evocativo: ‘Radici‘.
Li abbiamo intervistati per conoscere da vicino per conoscere da vicino la storia di tre ragazzi che vogliono fare del loro sogno una realtà.
Partiamo dai fondamentali: a cosa o a chi vi siete ispirati per la scelta del nome del gruppo.
(Edoardo): Il nome del gruppo deriva da una conoscenza importante fatta durante un viaggio in Irlanda, a Dublino precisamente. Mandy è una ragazza originaria dell’Australia che faceva la parrucchiera nella città irlandese, testa viola, passato turbolento, una stranezza dentro che cattura. Fu un incontro come tanti altri e come nessuno prima. Una persona come tante che però in quel momento lasciò un segno: un nome per me insolito, tanto da ricordarlo nel tempo. E un carattere che rispecchiava alla perfezione ciò che con il gruppo avremmo voluto trasformare in musica: la mancanza di un punto fermo cui ancorarsi e una sensibilità disposta ai cambiamenti. I fiori non vogliono avere un significato preciso: è stato scelto per il suono delle parole e il loro semplice potere evocativo
Come e quando è nato il gruppo?
(Raffaele): Il gruppo è nato nell’inverno del 2016. Edoardo, di ritorno dall’Irlanda, ha deciso di incominciare a condividere le proprie esperienze da solista con Luigi, con cui già suonava da tempo. Più tardi sono arrivato io. Conoscevo e suonavo già con Luigi, che mi ha proposto di intraprendere questo percorso. Un mese dopo, ad aprile, siamo entrati in studio a mettere in musica le prime idee formatesi nelle poche prove precedenti.
Così è nato l’Ep ‘Radici’… e contemporaneamente anche ‘I Fiori di Mandy’.
Come definireste la vostra musica?
(Luigi): E’ sempre difficile riuscire a definire la nostra musica, non ne siamo mai stati capaci. Forse perché ogni volta che scriviamo non ci poniamo dei limiti e quello che nasce è la somma di varie influenze portate da ognuno di noi. Sicuramente cerchiamo di rifuggire la mediocre banalità entro cui stagna attualmente la musica italiana, senza però cercare di scappare dal pop. Sono dell’idea che possa essere fatto bene, che possano essere introdotti elementi innovativi, e che non per forza debba rifarsi a ciò che è la moda attuale.
Raccontatemi qualcosa dei vostri esordi: dove suonavate? Qualche aneddoto…
(Raffaele): Le prime serate sono arrivate nella primavera del 2016.
Abbiamo esordito in una location stupenda, Il Parco dei Suoni di Riola. Da lì in poi abbiamo incominciato a proporre la nostra musica sul territorio oristanese e più in là nel cagliaritano. Durante l’estate, oltre aver accumulato un po’ di esperienza assieme con varie date, abbiamo anche deciso il nostro abbigliamento caratteristico durante certe serate: t-shirt e gonna corta a fiori.
Una delle date più memorabili è stata quella al Festival Rockas 2016, tenutosi in un splendido posto a diversi metri dal livello del mare, Scano di Montiferro. Oltre a essere uno splendido posto, è famoso per il buonissimo vino locale: Edoardo lo ha assaggiato in abbondanza e il risultato è stata una grossa ferita dovuta ad una rovinosa caduta… anche se lui non se lo ricorda molto!
Siete un gruppo sardo che fa musica alternativa. Riscontrate difficoltà a imporvi in ambito regionale e nazionale?
(Raffaele): Penso che imporsi sul panorama regionale nazionale non sia semplice per nessun artista emergente. L’esordire in terra sarda rende le cose ancora più complicate: proporsi nella nostra regione non è stato un grosso problema, il problema viene quando cerchi di farlo fuori, nella penisola. Tutto è condizionato, inoltre, dal fatto che ciò che ormai va in Italia è una ricetta musicale molto semplice: tutto ruota intorno alla semplicità e all’affabilità immediata di musiche e testi. Quindi il nostro genere non immediatamente riconoscibile per tutti rende le cose ancora più complicate. C’è comunque da dire che nella nostra città e regione siamo stati appoggiati da un bel gruppo di sostenitori che ci da la carica e ci permette di continuare per il nostro percorso.
A quali artisti, nazionali e internazionali, vi ispirate?
(Raffaele): Da quando suono con Edoardo e Luigi ho focalizzato i miei ascolti più sulla scena underground italiana, unendoli ai già apprezzati cantautori italiani e a qualche band straniera. Nella scena nazionale ho sempre apprezzato molto Ivano Fossati, Paolo Conte, Franco Battiato, andando poi più in là a scoprire CCCP, C.S.I, Afterhours, Teatro degli Orrori, Massimo Volume. Amo molto anche il trio Fabi, Silvestrie Gazzè. Apprezzo anche la scena rap italiana, ascolto: Kaos One, Ghemon, Mezzosangue, Bassi Maestro.
Dal punto di vista internazionale vario tra diversi generi, cercando di rubare e trarre da più possibili ambiti stilistici, ascoltando quindi da Coltrane, Snarky Puppy a Lou Reed, David Bowie, dagli storici Red Hot Chili Peppers o Rage Against the Machine sino a Kendrick Lamar.
E voi due?
(Luigi): Personalmente ritengo di essere stato ispirato, per lo più, da tre figure: Paul McCartney, Gianni Maroccolo e Johnny Greenwood. Il primo gruppo che ascoltai assiduamente, e che adoro tutt’ora, furono i Beatles, dunque da bassista sicuramente sono stato ispirato da Paul McCartney. Poi mi ricordo che appena iniziai a collaborare con Edoardo stavo cercando un qualcosa di nuovo riguardo al mio modo di suonare il basso, quindi iniziai a sperimentare con quello che avevo, cercando di dare un ruolo meno marginale al basso e ricercare nuovi modi di suonare. Salvo poi scoprire i CSI e rendermi conto di come tutto ciò che stavo cercando di fare con il mio strumento era già stato fatto da Gianni Maroccolo vent’anni prima. Infine, i Radiohead. Loro sono il gruppo che più ho ascoltato in quest’ultima parte della mia vita e probabilmente quello che più mi ha ispirato
(Edoardo): La scuola del punk anni Settanta classico: Ramones, Sex pistols, Clash, i primi Stooges, Joy Divisione, Siouxsie and the Banshees,The Cure.
Prestate molta attenzione ai testi: siete influenzati da quale genere di letteratura e scrittori?
(Edoardo): I testi non seguono una corrente letteraria ben definita, né sono legati all’ opera di scrittori nel particolare. Vi è sicuramente un’ impronta ermetica non indifferente, ma non è mai stata cercata. Ogni testo è naturalmente figlio di ciò che si è apprezzato: Thoreau, Hemingway, Whitman,Tolstoj, ma anche opere di autori distanti oltremodo da queste per contesto e non solo, come alcuni esponenti della letteratura sarda: Salvatore Niffoi, Enrico Costa, Salvatore Satta, Grazia Deledda. Si potrebbero far diversi nomi ma il punto essenziale è che percepiamo il rapporto parole e musica come qualcosa che deve prendere nella quantità giusta e dare in forma personalizzata, senza cadere nelle solite forzate catalogazioni di genere
Parlatemi del vostro ultimo lavoro
(Luigi): ‘Radici’ è nato da una necessità comune. Dopo circa due mesi dalla fondazione del gruppo avevamo scritto dei pezzi e sentivamo la necessità di inciderne alcuni, così decidemmo di andare in uno studio di registrazione vicino a Oristano e in una mattina registrammo quello che è il nostro ep. Scegliemmo quei tre per i più svariati motivi, ma principalmente perché ‘Afrodite’ è letteralmente la prima cosa che abbiamo scritto, il primo giorno che ci siamo incontrati in sala prove. ‘Jourande’, del quale sta per uscire il videoclip, che esprimevano al meglio ciò che eravamo e ciò che volevamo esprimere con la nostra musica, tanto dal lato compositivo quanto dal lato umano.
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Simona Gautieri
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