Lei pensa di fare bene, di proporre alle figlie qualcosa di sano e pedagogico, ma sta combinando un disastro. La mia amica B. ha recuperato tutta la serie di Candy Candy e la somministra alle figlie giorno per giorno. Le chiedo se è diventata pazza a fare vedere quella roba che ha irrimediabilmente rovinato noi, bambine degli anni ottanta. Non è bastato che, sempre in quegli anni, alla sera Uccelli di rovo guardato dalle nostre mamme e, quindi, anche da noi perché la visione era sempre collettiva, riequilibrasse un po’ le cose: noi abbiamo continuato a credere e fare come Candy Candy.
Mi mettevo seduta per terra sul tappeto di mucca, a gambe incrociate e sotto la tv perché il divano era troppo distante e Candy non mi avrebbe sentita mentre gioivo o piangevo con lei.
Tutta quella sofferenza femminile esibita e cercata mi faceva immaginare futuri scenari senza via di scampo: non c’era pace per lei, un rifiuto dopo l’altro, prima Anthony che non si capiva bene cosa ci stesse a fare su quella collina dove appariva e scompariva a piacimento, suonando la cornamusa in un kilt per niente sexy, poi Terence bello e dannato che si metteva con un’altra.
Me la ricordo ancora quella sensazione di impotenza di fronte alle sventure e a quell’amore inarrivabile e bellissimo. Tutto le sfuggiva di continuo dalle mani, Candy correva sempre dietro una perdita, ferita ricominciava da capo e ci ricascava, ogni situazione congiurava contro di lei fino alla catastrofe finale: diventare infermiera. Una vita di dedizione come la sua, non poteva che scegliere di stare in corsia tra il male quotidiano.
Candy è stata la donna crocerossina ante litteram, quella che ripara, soccorrere sempre in un disequilibrio costante e totale. Ma noi bambine degli anni ottanta non lo sapevamo, l’abbiamo guardata con fiduciosa mimesi, predestinandoci a fare più o meno così. Le ripetute stagioni di Candy Candy ci devono avere inoculato qualcosa che poi è diventata una fregatura pazzesca perché quell’istinto a esserci nonostante tutto, non riusciamo a togliercelo mai completamente.
Allora, cara amica mia, fermati, pensa a come anche tua madre avrà guardato languida padre Ralph e la passione sconvolgente con l’amata Maggie. E, per favore, butta via quei dvd.
Care bambine degli anni ottanta, siete riuscite a liberarvi di Candy Candy o vi è rimasto qualcosa che vi fa stare sempre in corsia a soccorrere qualcuno?
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Riccarda Dalbuoni
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