I DIALOGHI DELLA VAGINA
Il violoncellista, storia di una sinfonia
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È un matematico ma lei lo vede come un artista, capace di accordarsi dentro di lei. Mi scrive un’amica, anticipandomi che mi deve parlare di un violoncellista, non le viene altro per citare quell’uomo che incontra di notte e che quando la chiama dopo un lungo viaggio, le chiede se si è scordata di lui. E scordare è un verbo che parla di cuore.
“Non è un amore a metà, mi sazia talmente che non oso chiedere di più, lui non sparisce mai, risponde sempre, il tempo lo trova, ma sa benissimo in che momento sono e non pretende ciò che non posso dare, che poi è quello che lui non può dare a me e che, per la verità, neanche voglio”.
Io le chiedo come sia possibile e come fa a non cadere nell’effetto opposto, nella bulimia di quando ci stai troppo bene con una persona e allora vorresti ancora, vorresti subito, vorresti oggi e domani insieme.
Mi viene in mente L’animale morente di Philip Roth quando lui, il professore, l’intellettuale famoso e non più giovane, vuole oltre ogni limite la giovane Consuela, che già frequenta con passione e attenta osservazione, e pensa “non riesci ad avere ciò che vuoi nemmeno quando riesci ad avere ciò che vuoi”.
Insisto nel volere capire come può bastarle questa tensione, come fa ad assaporare anche il contrario del loro stare insieme notturno e imprevisto, a cosa bisogna arrivare per starci dentro senza guardare fuori da un rapporto così.
Lei ride, ne ha sicuramente passate più di me: “Lui è quello che sa che uno strumento non si può battere troppo perché rovinerebbe la sinfonia, l’accordo con me”, spiega, “mi suona corpo e mente con sapienza, mi raggiunge ovunque sono per fare l’amore mettendo dedizione e generosità, ma la regola che ci governa è sceglierci liberamente”.
La mia amica sta partecipando a un banchetto e si sazia solo di ciò che la soddisfa, il resto via.
Vi è mai capitato un amore così? Un amore che basta a se stesso, non pretende e riempie lo stesso?
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Riccarda Dalbuoni
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