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I DIALOGHI DELLA VAGINA
Il tempo di un Narciso

Articolo pubblicato il 16 Marzo 2018, Scritto da Riccarda Dalbuoni

Tempo di lettura: 2 minuti


Dalle gigantografie di se stesso appese alle pareti dell’ufficio, G. avrebbe dovuto capire che quell’uomo era affetto da una grave miopia.
Tra loro un breve flirt sei mesi prima, esaurito come le non storie che nascono senza continuità. Per lui chissà, per G. un pensiero rimasto nel sottobosco nonostante avesse conosciuto un altro.
Poi lui si era rifatto vivo, in modo blando e saltuario, qualche messaggio e la proposta di vedersi che l’aveva molto tentata. E siccome basta poco per liberare ciò che è stato messo in cattività, G. lo aveva invitato a cena passandolo a prendere dopo il lavoro.
Foto giganti di lui attorno alla scrivania, una contemplazione di se stesso a ogni angolo, un’ideazione assoluta della propria immagine, questo G. aveva pensato. Ma c’era qualcosa che andava oltre il narcisismo e l’ammirazione allo specchio, era di più e di lì a poche settimane G. ne avrebbe avuto la prova.
Gli slanci iniziali, che le avevano fatto ritenere autentico quel minimo di partecipazione, si spensero in poco tempo, in una perdita di interesse quasi ostentata.
Lui era un uomo completamente miope di fronte alla visione di un’altra persona, un uomo incapace di alzare lo sguardo per osservare o cogliere la bellezza altrui.
Un egotismo spinto che manifestava nella noncuranza e nella non ricerca, troppo concentrato ad ammirarsi e a riflettersi immobile tra quelle foto troppo grandi e incombenti che a lei avevano dato un senso di soffocamento, un ingombro tra loro che non le lasciava spazio, se non marginale. Lui era quelle foto, fredde, piatte, bidimensionali, mute.
Dopo una domenica pomeriggio per la quale lui aveva insistito a stare insieme, nel giro di due giorni G. non era più niente, forse solo un fastidio da liquidare. E allora G. aveva deciso di sfilarsi da sola da un mazzo in cui chissà quante altre carte c’erano. La differenza l’avrebbe fatta lei dicendogli: se le cose stanno così, allora mai più.

Avete mai incontrato persone talmente innamorate di loro stesse che riescono a provare un interesse solo momentaneo per la vita di qualcun altro? Persone perse nella propria immagine costruita sul niente?

Potete scrivere a parliamone.rddv@gmail.com

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Riccarda Dalbuoni

È addetto stampa del Comune di Occhiobello, laureata in Lettere classiche e in scienze della comunicazione all’Università di Ferrara, mamma di Elena.


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani