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I DIALOGHI DELLA VAGINA
Friabile come un biscotto o fragile come un cristallo?

…sono così friabili i rapporti“.
Al telefono G., un amico, mi racconta di lei, di loro, della distanza geografica che li divide, degli andirivieni fra una casa e l’altra e che presto si rivedranno. Finché lui si confida, io penso che lo spazio in mezzo agli appuntamenti e alle partenze sia un po’ mancarsi e un po’ paura. Ha ragione G. quando definisce i rapporti friabili, che è di più di fragili perché un po’ di materia c’è, però si sbriciolano con poco, ma hanno anche qualche componente segreto che può di nuovo amalgamarli se ben dosato.
I rapporti fragili, invece, sono quelli in cui in un attimo una situazione si rovescia, la confidenza diventa gelo, il contatto si trasforma in distacco, l’unità si rompe in tante scaglie. Siamo talmente consapevoli e impauriti da questa precarietà che spesso ci approcciamo agli altri con cautela, talvolta sospetto, come se ci aspettassimo una fuga più che una ricerca, come se allontanarsi fosse sempre la prima soluzione. Non so perché, forse perché in questo modo diventa fin troppo facile partire, non fermarsi un attimo e chiudere la porta in silenzio. Se manca un collante, un disegno di fondo, diciamolo, un sentimento, i pezzi si fanno tanti, da non potere più essere rimessi insieme, dispersi.
Da on a off nel giro di poco senza troppe sottolineature, del resto lo si attendeva fin dall’inizio perché le storie che partono nella dichiarazione spocchiosa di disimpegno, poi vivono di quello, cioè di niente. Possono trascinarsi mesi o anni, non cambia nulla, il senso di una fine è sempre lì a ricordare che, se manca un sottofondo, la costruzione è fragile.

Che tipo di storie avete avuto? Fragili o friabili? L’avete trovato il collante per assemblare i pezzi?

Potete scrivere a parliamone.rddv@gmail.com

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Riccarda Dalbuoni

È addetto stampa del Comune di Occhiobello, laureata in Lettere classiche e in scienze della comunicazione all’Università di Ferrara, mamma di Elena.


PAESE REALE
di Piermaria Romani

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)