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“Festeggiamo stasera?”
“Festeggiamo”.
A e R, quindici anni di amicizia e stessi appuntamenti con la vita. Si erano trovate una sera a cena, si erano guardate e avevano tirato un sospiro di sollievo: ne erano finalmente uscite, tutte e due avevano lasciato alle spalle due uomini a cui avevano dato troppo.
Lo scarto tra la rottura di una storia e la vera fine, cioè quando non è più niente, è un limbo melmoso di domande, rimproveri, aspettative e fantasie che ha un tempo determinato. Prima o poi scade, finisce e si porta via il grigio e l’inquietudine di cui si nutriva. La vera fine è quando la storia trova il capolinea nella testa perché tutto diventa chiaro.
Di questo stavano ragionando, quella sera, A e R che si erano imbattute in uomini abbastanza simili, propensi alla manipolazione, alla mitologia di se stessi, all’abilità di creare nella donna una forma di dipendenza affettiva che, nel tempo, distrugge l’autostima e l’autonomia.
“Non avrei mai pensato di arrivare a dire che sto meglio senza, ma è così – aveva detto R la cui rottura era più recente – ho finalmente la mente libera dalla sospensione, non sono più in bilico tra qualche suo cenno e l’indifferenza, le mie energie adesso sono tutte per me”.
“Ci sono uomini che alimentano constantemente nella donna l’attesa che poi si risolve in brevi momenti spacciati per grandi concessioni che, a lungo andare, ti fanno veramente perdere la misura di cosa conti in un rapporto – rispose A -, mi chiedo come abbiamo fatto a caderci, abbiamo ceduto a un fantasma, ci siamo subordinate a una sagoma gonfia che per fortuna adesso possiamo vedere per ciò che è. Ma ora godiamoci questo alleggerimento, la liberazione da una zavorra interiore che non c’è più”.
Entrambe avevano vissuto il peso del vuoto creato da qualcun altro, ma che peso ha il niente se non quello delle aspettative deluse? L’assenza come si misura? Con la concretezza delle cose vissute o con l’evanescenza di quelle che non saranno mai?
Ma arriva un momento in cui la pesantezza della perdita diventa sollievo e il vuoto si trasforma in spazio disponibile per tanto altro. Testa e tempo sono complici di questa svolta: capisci che è ora di andare via da quel posto che non è più il tuo, ti trovi in mano le chiavi di un grande archivio che conterrà tutto, persino la malinconia.
E a voi è mai capitato di essere schiacciati da un abbandono per poi scoprirvi sollevati da un male che non c’è più?

Potete inviare le vostre lettere a: parliamone.rddv@gmail.com

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Riccarda Dalbuoni

È addetto stampa del Comune di Occhiobello, laureata in Lettere classiche e in scienze della comunicazione all’Università di Ferrara, mamma di Elena.


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it