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I DIALOGHI DELLA VAGINA
Assenza e silenzio: sempre negativi oppure no?

Articolo pubblicato il 8 Dicembre 2017, Scritto da Riccarda Dalbuoni

Tempo di lettura: 2 minuti


“Cosa voglia tu, io non lo so, non te l’ho mai chiesto e avrei dovuto. Da te a me, uno spazio che si è fatto siderale, ma che è stato anche di totale aderenza, quella che solo due corpi possono avere. Non penso di essermi sbagliata, per questo ho cercato e ricreato momenti, ore in cui ho trovato reciprocità, interesse, passione da te a me, da me a te. Ecco perché dormivo poco, mi piaceva troppo. Amore è un pensiero che scotta e ti garantisco di averlo congelato per diverso tempo. Poi non so, si è sbrinato da solo e ho lasciato fare. Su questo sono sempre stata sincera con te, perchè questa sono, voglio aggiungere, non togliere a me e a chi mi è vicino. E il tempo che abbiamo passato insieme qualcosa mi aggiungeva. È chiaro che mi manchi. Mi manchi a cena, nel letto, sulla pelle”.

Una mail per dirgli che la mancanza è una presenza pesante, concreta, quasi fisica. Avrebbe voluto diventare per lui un pensiero continuo e non solo contingente e limitato ai loro incontri. Lei credeva questo, di averlo sfiorato almeno un po’, ma non abbastanza da essere trattenuta, non abbastanza da abitarlo in quella sua dimora interiore così cupa. Aveva intravisto qualcosa di lui e le era piaciuto più del fascino esteriore che ben conosceva. Cene, notti, colazioni insieme, ma anche messaggi senza risposta, silenzi di giorni, vane attese.
Nonostante tutto, non riusciva ad avercela con lui.

L’assenza e il silenzio, anche quando pesano tanto, sono sempre negativi? Se riusciamo a starci, almeno un po’, non sono forse la giusta distanza che aiuta a vedere meglio le cose, a capire se ci teniamo davvero? Come vi comportate? Tendete a rifugiarvi in un silenzio lontano o a fare fracasso per non sentire niente?

Potete inviare le vostre lettere a parliamone.rddv@gmail.com

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Riccarda Dalbuoni

È addetto stampa del Comune di Occhiobello, laureata in Lettere classiche e in scienze della comunicazione all’Università di Ferrara, mamma di Elena.


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani