I DIALOGHI DELLA VAGINA
A DUE PIAZZE – Tanto per cambiar…
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A due piazze fra Riccarda e Nickname che si è accorto di avere cercato di cambiare l’altro. Un errore di cui ammette tutto, anche la difficoltà di cambiare se stesso. Ma poi, dal dolore si può uscire?
N: Uno degli errori che ho commesso è stato cercare di cambiare la persona con cui stavo. Le persone sono come sono. Non siamo noi, per quanto importanti, che possiamo cambiarle. Tanto meno farle diventare come noi o come noi vorremmo che fossero. L’impronta non la diamo noi. Noi arriviamo dopo. È più facile cambiare noi stessi che cambiare gli altri, e già cambiare noi stessi è difficilissimo.
R: Ribalta la cosa. Come ti sei sentito quando qualcuno ha provato a volerti diverso? O magari solo chiederti un ritmo più veloce di quello a cui tu solitamente viaggi? Tu hai risposto che le cose le vuoi fare con i tuoi tempi e le tue cadenze perché solo così puoi riuscirci. E non sei cambiato perché qualcuno te lo ha chiesto, ti sei trovato a un certo punto della vita a guardare indietro e ti sei visto lontanissimo. Ma non lo sai nemmeno tu quale sia stato il punto esatto del cambiamento. Non è definibile, è un processo di cui il motore sei tu. Non ho capito una cosa, cosa vorresti cambiare nell’altro? Un atteggiamento, un’abitudine, una risposta che sei stanco di sentire, cosa?
N: Non vorrei cambiare nulla, tranne il fatto di voler cambiare l’altro. Cerco di imparare dagli errori commessi. Quanto a me stesso: se mi guardo indietro mi vedo lontano da dove sono ora. Sono cambiate le mie aspettative, i miei desideri. Prima volevo uscire dal dolore, adesso voglio provare anche il piacere.
R: Credi si possa uscire dal dolore a piè pari come da una buca o da un inciampo? Una giravolta e si è saltati fuori? Se così fosse, il dolore stesso non avrebbe un senso che è quello di rimanerti sempre un po’ addosso, ma non tanto, solo nella forma di un ricordo, di un monito o di un odore sgradevole che ti fa cambiare direzione.
Cosa ne pensate della pretesa di cambiamento che avete subito dagli altri o che vi siete accorti di fare verso qualcuno?
Potete scrivere a parliamone.rddv@gmail.com

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Riccarda Dalbuoni
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)
PAESE REALE
di Piermaria Romani