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Riprende la rubrica I dialoghi della vagina che una volta al mese diventa A due piazze, uno scambio fra Riccarda e l’amico Nickname.
Questa settimana, Nickname pensa di avere posto una domanda ‘femminile’: dopo una notte d’amore allude ammiccante a ciò che è successo. Ma siamo sicuri che sia una domanda in cerca di risposta?

N: Dopo una notte… intensa, mi capita, il mattino dopo, mentre andiamo verso la colazione, di dire a lei: “ma… ieri sera?” È una domanda dall’intonazione maliziosa ma un po’ stonata, come prima del caffè, una domanda che ancora sa del profumo pastoso della notte. “Eh… ieri sera” dice lei, a confermare che è stata una notte speciale. Per molti può essere la classica domanda maschile, che cerca una conferma della propria potenza. Nelle mie intenzioni è una domanda che vuole condividere il piccolo prodigio realizzato da due persone che diventano una. Un tentativo di fissare quel fugace momento di magia, come a voler farlo uscire dalla dimensione onirica per conferirgli una dimensione reale. Una domanda da femmina.

R: Caro Nick, il maschio non aspetta mica la mattina dopo per chiederlo. Parlo del maschio insicuro e un po’ tronfio che deve sapere subito da lei perché da solo non sa capire come sia andata. La domanda che tu poni dopo qualche ora, dopo il sonno e il ritorno alla realtà, è un omaggio al tempo che si è preso ciò che gli spetta: il silenzio. La risposta di lei non è altro che la tua stessa domanda divenuta affermazione, un po’ vagheggiata, un po’ sospesa perché nessuno dei due deve mettere un contenuto a parole. E’ la vostra intesa.
Ma dimmi, invece, quando il silenzio non è così complice ed esaustivo, che succede?

N: Ti confesso una cosa: “ma.. ieri sera?” mi viene solo quando so come è andata. È una finta domanda, perché so che è andata bene. Quando non è andata bene, sarebbe importante non fare entrare dalla porta quello spiffero di silenzio, quello che si fa pesante, che poi non riesci più a buttarlo fuori di casa. E invece.

R: E invece ci caschi. A te piace ascoltare gli altri, lo hai confessato tu una sera: ascolti in silenzio perché hai imparato a non confezionare risposte senza prima sentire l’altro. Ma quando si crea questo tipo di interazione e tu stai dall’altra parte, è perché in ballo c’è la necessità di parlarsi, subito, non aspettare una notte. Quella ti va sempre bene.

E voi? Come ve la cavate con gli spifferi di silenzio? Affrontate subito l’altro o preferite fare passare la notte?

Potete scrivere a parliamone.rddv@gmail.com

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Riccarda Dalbuoni

È addetto stampa del Comune di Occhiobello, laureata in Lettere classiche e in scienze della comunicazione all’Università di Ferrara, mamma di Elena.


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it