Skip to main content

I DIALOGHI DELLA VAGINA
A DUE PIAZZE – Non so che tu sai quel che so…

Articolo pubblicato il 14 Ottobre 2020, Scritto da Riccarda Dalbuoni

Tempo di lettura: 2 minuti


Riprende dopo la pausa estiva la rubrica I dialoghi della vagina di Riccarda Dalbuoni. In A due piazze Riccarda e Nickname si pongono un dilemma: spiegare sempre o non spiegare mai?
Quando Nickname intraprende esposizioni verbali appassionate, la donna quasi sempre già sa.

N: Una donna che conosco bene, quando le spiego una cosa con quello che io giudico un appassionato trasporto divulgativo, mi guarda con una faccia che dovreste vedere e mi dice: “Guarda che lo so”. In effetti spesso lo sa, mentre io l’ho appena saputo da Wikipedia. Scopro oggi che questo mio appassionato trasporto potrebbe essere annoverabile come “mansplaining”, traducibile come un uomo che ti spiega le cose che già sai meglio di lui, come se lui le sapesse meglio di te. Da quando so questa cosa, tendo a non spiegare più nemmeno le cose che penso di conoscere davvero.

R: Ma c’è di peggio di una donna che ti dice Guarda che lo so (e se te lo dice, lo fa solo quando ha molta confidenza e questo significa che per i primi tempi, ti ha pure voluto dare la soddisfazione di pensare che lo sapessi solo tu). Di peggio c’è una donna che di fronte a un concetto, a un approfondimento, a qualcosa che non sia una nozione da enciclopedia del web, pensa: E te lo devo pure spiegare? Lo pensa e non lo dice. E se nella sua mente scorre questo titolo di coda non espresso, non l’acchiappi più. La didascalia è terribile soprattutto a doverla fare perché vuol dire che le parole hanno preso il posto della simultaneità di due persone che sentono e si capiscono. Se io te lo devo pure spiegare, saranno solo parole.

N: Torniamo sempre lì: la donna dice una cosa e l’uomo ne deve capire un’altra. Ma c’è di peggio: la donna non dice niente e l’uomo deve capire che è già troppo tardi. Non abbiamo la capacità di leggere le vostre parole, figuratevi se abbiamo la capacità di leggervi nel pensiero.

R: Ecco l’uomo che si arrende all’accettazione che tanto non capirà mai né quando lei parla né quando lei sta zitta. E te l’ho anche dovuto spiegare, caro Nick.

E voi da che parte siete? Provate a spiegarle le cose o ci rinunciate? Cosa credete sia meglio?

Potete scrivere a parliamone.rddv@gmail.com

sostieni periscopio

Sostieni periscopio!

Tutti i tag di questo articolo:

Riccarda Dalbuoni

È addetto stampa del Comune di Occhiobello, laureata in Lettere classiche e in scienze della comunicazione all’Università di Ferrara, mamma di Elena.


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani