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I DIALOGHI DELLA VAGINA
A DUE PIAZZE – L’amore è un gioco? Le riflessioni dei lettori

I dialoghi della vagina – A due piazze – tra Riccarda e Nickname hanno interrogato i lettori sull’utilità delle strategie, sul gioco degli amanti e se, pur giocando, si diventa mai adulti in amore.

Strategia? Un fallimento annunciato!

Cara Riccarda, caro Nickname,
non avevo mai pensato al rapporto di coppia in questo modo. Sto riflettendo sul mio, quasi 27 anni di matrimonio, quante ne abbiamo passate! Mi capita a volte di escogitare strategie, per attirare la sua attenzione quando mi sento non considerata da lui, poi però sento che questa strategia, sia per me veramente faticosa, penso che mi consumi energia. E l’energia mi serve. Ne ho bisogno come dell’aria che respiro. Per affrontare le mie giornate. Mi concentro su quello che è importante. Sul vero valore delle cose, allora quella strategia la lascio andare e divento quella che sono.
Divento grande, forse finalmente adulta e non mi aspetto nulla. Soprattutto non prendo come riferimento personale le sue “non attenzioni”. Chissà che giornata ha trascorso, chissà che pensieri ha avuto, che paure, che gioie, forse ora, ha bisogno di smaltire tutto questo. Io ho più tempo di lui per farlo. Così tutta quella energia che avrei sprecato per tenere il punto, mi rimane dentro e mi porta serenità. Gli vado in contro con un sorriso e lo bacio dolcemente. Tutto si rasserena.
È questo l’amore adulto? Non so. Forse passa dal fatto che sto diventando adulta io? Chi lo sa?
Alla fine lui c’è sempre. Sempre vicino a me. Lo sento in ogni momento. Allora i nostri ruoli sono diventati questi? Arrivata a questo punto mi piace quello che sento. Domani? Quando verrà!
Sa.

Cara Sa.,
l’amore è un fatto energetico, potremmo dire così. A me è capitato di pensare che più energia avessi messo, più ne avrei avuta. E invece la esaurivo miseramente. Non so se diventare adulti sia questo, se sia canalizzare meglio l’energia che abbiamo, ribaltare l’ordine delle cose collocando in cima ciò che merita la nostra attenzione. Un po’ di selezione insomma, di risparmio energetico che non è gioco al ribasso, ma consapevolezza di cosa sia giusto illuminare.
Riccarda

Cara Sa.,
i miei complimenti. Se è tutto vero quello che provi e che descrivi, sei sulla strada giusta. Non chiedi quello che non puoi avere, ti godi quello che hai, e mi sembra tanto. In effetti la strategia può condurre ad una rovinosa disfatta, se non è ottimamente congegnata. Meglio affidarsi alle piccole tattiche quotidiane per continuare a trovarsi interessanti. Metti la tua esperienza al servizio degli altri e farai del bene.
N

Un re spodestato? Semplicemente un padre

Carissimi,
mi chiamo Fabio e ho 34 anni. Secondo me, l’amore adulto è un’utopia, ma anche le donne dovrebbero fare un esame di coscienza. Io e la mia compagna abbiamo un figlio di 5 mesi e io, da 5 mesi a questa parte, quando torno alla sera stanco dal lavoro – la notte tante volte mi alzo anch’io quando il bambino si sveglia -, mi chiedo dove sia la donna della quale mi sono innamorato anni fa. Apro la porta, saluto ma non ricevo quasi mai né un sorriso né uno sguardo perché lei ora ha occhi solo per nostro figlio, non si prende mai nemmeno un minuto di tempo per due chiacchiere o una coccola con me, non si trucca perché tanto esce solo per andare al parco – ho proposto una cena da soli ma ha risposto che la vita è cambiata e lei senza il bambino non esce – e non mette mai un abito elegante perché tanto ci finirebbe sopra qualche rigurgito. Io non mi sento più importante, non sono felice e ci sono giorni in cui sono così nervoso che mi viene voglia di mandare tutto all’aria. Si può forse dire che la mia compagna stia portando avanti la relazione nel modo migliore? Non credo proprio!
Fabio

Caro Fabio,
non sei solo: qualche milione di giovani padri ha vissuto l’accantonamento da parte della moglie diventata madre. Dici di non ritrovare più quella donna di cui ti eri innamorato, ma per fortuna! La troverai migliore perché la maternità è questo: aggiungere, mai togliere. Ora ti sembra di non esistere e di essere finito in fondo a tutto (ed è così), ma forse anche tu devi spogliarti di quel vecchio ruolo principe che ti eri dato e che sicuramente lei aveva consolidato.
Troppo facile chiedersi, e darsi anche già la risposta, se la tua compagna stia portando avanti la relazione nel modo migliore. Credo davvero che, in questo momento, lei non possa fare di più e di meglio. Dalle tempo, datevi tempo, ma non scomparire.
Riccarda

Caro Fabio,
benvenuto nel club. Un figlio modifica radicalmente i rapporti di potere: adesso comanda lui. Il Re ha perso la sua corona, ma non ti angustiare: chi non la perde in questo frangente, è un re narciso e malato, che contagerà con la sua malattia chi gli sta vicino. Non tutto è perduto, però: le cose non torneranno “come prima” , ma potranno diventare un’altra cosa, che ha i suoi momenti esaltanti, vertiginosi, ignoti. E’ come salire su un ottovolante: devi accettare anche la paura e l’ansia e il disappunto ma ci sei salito sopra, il giro è già partito e non puoi più scendere. Prima lo accetti e prima ti godrai i brividi della vita in tre. Ma scordati di tornare a regnare: sarebbe energia sprecata. Usa l’energia che hai per aiutare la tua compagna, per stare dentro con tutti e due i piedi, sporcati le mani (in ogni senso). Farai risparmiare energia a lei e ti stancherai tu, e questa stanchezza fisica condivisa e bilanciata aiuterà a ricaricare le batterie mentali di entrambi. In bocca al lupo.
N

Amare è dirsi tutto, ma proprio tutto? Per carità…

Buongiorno,
penso che quando si ama una persona, si debba soltanto amare senza pensare ad altro che al bene della persona alla quale questo sentimento è rivolto.
Il mantenere una continua complicità, aprirsi sempre all’altra/o, essere continuamente il motivo di un sorriso, esserci, sono alcune componenti per non far cadere questo sentimento in una noiosa routine che inevitabilmente porta alla stanchezza, a volte la stanchezza è peggiore della delusione, quando ci si stanca, fatalmente si scivola via, ci si allontana inesorabilmente, il dialogo si interrompe e non riprende più.
Tanti hanno paura di amare perché può rendere vulnerabili, esponiamo tutte le nostre debolezze a chi non sappiamo se le userà a suo vantaggio, io credo che non si debba avere questa paura, le sensazioni e le emozioni che questo sentimento ci regala valgono qualsiasi rischio, se poi dovesse andare male, malgrado una possibile delusione, rimarrà sempre la consapevolezza di aver tentato al massimo delle proprie possibilità e per me, quando si ama, non è mai tempo sprecato, perché si è veramente vissuto. Per rispondere alla tua domanda, mi permetto di parafrasare Eraclito : “Il tempo è un gioco, giocato splendidamente dai bambini.”, dicendo: “l’amore è un eterno gioco splendidamente giocato dagli amanti”.
G. M.

Caro G.M.,
facciamo così: se è un gioco, stabiliamo che deve essere divertente, i ruoli cambiano e se uno perde poi può chiedere la rivincita?
Ma non apriamoci sempre e del tutto all’altro, altrimenti il gioco si fa prevedibile e il vincitore potrebbe essere sempre lo stesso.
Riccarda

Caro G.M.,
Uh. Mi hai fatto leggere un Bignami del sentimento amoroso. Molto bello per essere vero (sto scherzando, non te la prendere). Non so se la stanchezza sia peggiore della delusione: se la delusione è cocente, può scrivere da sola la parola “fine”. Mi permetto di sollevare qualche piccolo dubbio sulla bontà di “aprirsi sempre all’altro”. Il confine tra non tenersi dentro le cose e dire troppo la verità può essere sottile. Credo che nessuno possa impunemente confessare tutto quello che gli passa per la testa, e credo che non sia nemmeno un obiettivo cui aspirare – ritengo che fare del male all’altro è fattispecie che attiene all’azione, non al pensiero nè allo stato d’animo. Custodire un foro interno ed esclusivo può essere parte del gioco.
N

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Riccarda Dalbuoni

È addetto stampa del Comune di Occhiobello, laureata in Lettere classiche e in scienze della comunicazione all’Università di Ferrara, mamma di Elena.


PAESE REALE
di Piermaria Romani

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)