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Dialogo A due piazze tra Riccarda e Nickname: tirare il freno mano, muoversi tra la paura, la rabbia e la voglia di abbandonarsi, nell’attesa di diventare come Mercurio.

N: Posso vivere senza amare? Amore è una parola che tratto con enorme diffidenza. In parte per l’abuso che ne viene fatto, in parte per la paura e la voglia di abbandonarmici.
Esiste un sentimento più forte di questo? La rabbia, forse. Esiste un compito da svolgere per me? (sì, per me. Quando parliamo degli altri, agli altri, parliamo sempre e solo di noi stessi). Sì, esiste. Canalizzare la rabbia. Seppellirla sotto un metro di terra, infatti, la rende uno zombie. Non te ne libererai mai. Canalizzare la rabbia. Usarla come un propulsore per fare le cose che non ho fatto. E poi metterla via, finalmente. E amare, finalmente.

R: Vivere senza amare? Non puoi, non devi. Ci sono gli illusi dell’autarchia, quelli che si fermano prima di amare l’altro, quelli che, di fatto, hanno perso. Di fronte a questi sigillati, un tempo ho provato persino ammirazione, sì, una paradossale e insana invidia, pensavo che avrei voluto essere anch’io così, avere un cuore autosufficiente, dal battito indipendente e a comando. Vagheggiavo un cuore lucido e liscio come una lastra di ghiaccio dove tutto scivola, dove non ci sono porosità che possano fare passare il minimo brivido di sentimento. Ma anche le lastre di ghiaccio si spaccano e sotto c’è l’abisso in cui è meglio non finire. E mi arrabbiavo perché l’amore se non arriva a destinazione, ti continua a sobbalzare dentro e allora o lo seppellisci da qualche parte o lo butti fuori con rabbia, creatività, chilometri di corsa, una spesa folle, qualcosa che non hai mai fatto.
Della rabbia te ne devi liberare, ma dell’amore no, si ripresenta in altre forme, verso altre persone, magari un po’ di più verso te stesso.
Dici che hai paura e voglia di abbandonarti all’amore, un nostro comune amico direbbe che il freno a mano va lasciato e che nell’amore va messo in conto tutto, l’abbandono, la perdizione e il sublime.
A che punto sei?

N: L’immagine del freno a mano tirato è efficace. Temo di essere parcheggiato in pendenza, che è assurdo per un animale di pianura. Sento più un peso alle caviglie. Il punto in cui sono non fa parte di un tragitto con un vero traguardo. È il percorso che conta, a patto di affrontare i gran premi della montagna scaricando i pesi lungo i tornanti.

R: Non sapendolo usare bene, con quel freno a mano ho fatto dei testa coda, ma sono anche scivolata giù quando l’ho lasciato troppo andare. Quanto alle tue caviglie, oggi ti senti dei pesi, domani potrebbero essere ali: Mercurio con le ali ai piedi, diventava un portatore di sogni.

Cari lettori, cosa vi sentite alle caviglie? Siete più inclini alla paura o all’abbandono verso l’amore?

Scrivete a parliamone.rddv@gmail.com

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Riccarda Dalbuoni

È addetto stampa del Comune di Occhiobello, laureata in Lettere classiche e in scienze della comunicazione all’Università di Ferrara, mamma di Elena.


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it