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Sguardi fugaci e muti mentre si aspetta il treno possono essere la metafora di una voglia di evasione, un tentativo di seduzione, ma anche di una incomunicabilità che non trova parole.

N: In attesa del treno, uomini e donne in attesa del treno. Peccato sia chiaro, guardando anche distrattamente, chi è maschio e chi è femmina; almeno nella grande maggioranza dei casi. Sarebbe divertente mascherare tutti, uomini e donne, con un analogo burkini nero, che lasci scoperti solo centimetri di pelle, per giocare a individuare chi è maschio e chi è femmina solo dall’atteggiamento.
Vedresti individui che lasciano passare altri individui e concentrano lo sguardo su di loro solo dopo che sono passati: e lo sguardo si posa, come uno scanner, prima sui piedi, poi sale lungo le gambe, indugia sul sedere come a soppesare mentalmente una fulminea equazione, infine risale fino alla testa, non prima di una ulteriore tappa intermedia di tre quarti.
Vedresti altri individui che, invece, ti catturano con un’occhiata fugace, fulminea, lunga quella frazione di secondo in più che non ti lascia scampo: o capisci tutto lì o non capisci niente, e non ti sarà data un’altra possibilità.

R: Sulla banchina del treno o dove vuoi tu, se non capisci in quel momento, non lo capirai mai. Un po’ manicheo, ma è così. Prova a pensare a qualcosa di importante che tu non hai afferrato in un certo momento, puliscilo dal contesto in cui eravate (lo sai vero che è solo con l’altro che capita di prendere o perdere per sempre?) e fatti venire in mente tutte le volte che poi è successa la stessa cosa. Chiaramente vale anche il contrario: quando cogli lo sguardo e il messaggio, ci sei. E credo stia davvero tutto lì, centrare quell’occhiata fugace e fulminea, farla tua oppure guardare da un’altra parte, facendo finta di non avere visto.

N: A dire il vero di occhiate fugaci e fulminee ne colgo troppe per seguirle tutte. Credo che spesso siano davvero la spia di una fuga istantanea dalla propria vita, di un altrove che non verrà mai sperimentato, di un invito al quale il proprietario stesso dello sguardo si sottrarrebbe, imbarazzato o sdegnato.

R: Caro Nickname, ci piace anche giocare con l’immaginazione delle nostre possibilità: attirare l’altro, vedere quanto siamo capaci in pochissimo tempo di agganciare uno sguardo, pensare che sì potrebbe essere, ma questa banchina del treno non mi permette altro tempo e non voglio fermarmi proprio ora. Che tu sia proprietario dello sguardo o il destinatario, in stazione o a una cena con chi conosci da sempre, è un attimo decidere di non andare avanti e non fare quella domanda che potrebbe metterti su un altro binario.

Vi è mai capitato di essere in situazioni in cui uno sguardo, un gesto, una parola avrebbero deciso o cambiato il corso delle cose?

Potete scrivere a parliamone.rddv@gmail.com

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Riccarda Dalbuoni

È addetto stampa del Comune di Occhiobello, laureata in Lettere classiche e in scienze della comunicazione all’Università di Ferrara, mamma di Elena.


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it

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