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Cala la produzione dei rifiuti urbani in Emilia Romagna: nel 2012 ne sono stati prodotti 2.893.518 tonnellate, con una diminuzione del 3,6% rispetto al 2011 a fronte di un aumento della popolazione residente dello 0,3%. La produzione pro capite si è invece assestata a 647 Kg/ab, con una diminuzione del 3,9% rispetto all’anno precedente che riporta la Regione ai valori di produzione registrati negli anni 2002-2003. Sono alcune delle cifre contenute nel Report Rifiuti 2013, decima edizione del monitoraggio annuale prodotto dalla Regione Emilia-Romagna e da Arpa Emilia-Romagna. La produzione e la gestione dei rifiuti urbani presentano differenze significative a livello territoriale: i valori medi provinciali di produzione pro capite variano dai 544 Kg/ab di Bologna ai 768 Kg/ab di Rimini. Bologna è la provincia che produce complessivamente più rifiuti (19% del totale regionale), seguita da Modena (15%) e Reggio Emilia (13%). Si tratta di un risultato vero? Siamo più bravi o è solo un effetto della crisi? O ancor peggio della modifica di applicazione della assimilabilità? Propongo nel merito qualche riflessione.

Per poter migliorare il sistema integrato di gestione dei rifiuti urbani, servono scelte radicali e non solo aggiustamenti di indirizzo; è dunque richiesto di valutare e rivedere in termini economici ed ambientali le scelte che si andranno ad operare nell’intero ciclo dei rifiuti, in tutte le sue fasi: dalla raccolta differenziata, al trattamento, allo smaltimento finale. Diventa pertanto importante costruire un modello integrato dell’intero ciclo di gestione che analizzi i flussi di materia; la conoscenza dei possibili flussi e risultati di gestione delle materie, collegata alla conoscenza dei cicli di vita prevedibili nei prodotti, permette, infatti, di valutare l’efficacia delle scelte che si andranno a prendere e quindi di valutare gli effetti delle politiche che verranno decise. A monte, però, rimane un problema di fondo: la crescita della produzione dei rifiuti. Per superare definitivamente l’emergenza rifiuti, bisogna fermare la crescita dei quantitativi di rifiuti, e quindi produrne meno. E’ evidente che ciò comporta fondamentalmente un cambiamento radicale non solo dell’attuale modello di produzione e di consumo, ipotesi per molti aspetti di non facile ed immediata attuazione, ma anche di convinti orientamenti culturali, i cui obiettivi strategici fondamentali si possono riassumere in azioni di prevenzione (diminuzione della quantità e della pericolosità), di valorizzazione (recupero di energia e risorse dai rifiuti) e di corretto smaltimento (tecnologie compatibili).La trasformazione in atto del sistema di gestione dei rifiuti deve pertanto confrontarsi con una nuova politica industriale nel settore che, insieme alla necessaria definizione del sistema di gestione e alle scelte territoriali, tenga conto delle possibili  modificazioni del mercato.

In particolare, partendo dal principio normativo della responsabilità condivisa, della prevenzione, della raccolta, del recupero, dello sbocco finale dei materiali raccolti e trattati, diventa importante stabilire e coordinare i ruoli dei diversi soggetti pubblici e privati che operano nelle diverse fasi di gestione del sistema rifiuti. Il recepimento nazionale delle direttive comunitarie in materia di tutela e risanamento ambientale, attribuisce un’importanza primaria alla regolazione preventiva dei flussi del ciclo secondario rifiuti – risorse, che comporta il raggiungimento degli obiettivi mirati alla riduzione di rifiuti a monte:

  • orientamento del sistema produttivo verso beni ad alto tasso di riutilizzabilità/recuperabilità e a bassa nocività di smaltimento, e adozione di tecnologie e materiali a ridotto consumo di risorse ed energia di trasformazione;
  • valorizzazione del tasso di recupero di materia (prima) e di energia (poi) residui nei rifiuti, mediante incentivazione e sviluppo delle raccolte separate, del mercato delle materie secondarie, e dell’integrazione dei sistemi di raccolta e gestione con le ulteriori forme di trattamento – smaltimento.
  • introduzione del concetto di “valutazione del ciclo di vita” (LCA Life Cycle Assessment) nella politica in materia di rifiuti.

In sintesi è urgente la definizione di una nuova politica industriale nel settore dei rifiuti, in particolare:

  • modifica delle produzioni, nel senso della diminuzione dei rifiuti e della riciclabilità dei prodotti (in accordo con principi europei di “responsabilità allargata”);
  • attività di ricerca tecnologica, sia nel settore industria che nell’agricoltura, in grado di produrre innovazioni positive, a favore della chiusura dei cicli;
  • creazione di interventi diversificati ai vari livelli della distribuzione, dal produttore, al grossista, al negoziante, al singolo consumatore, in modo tale che siano possibili interventi efficaci a livello di città e di bacino provinciale;
  • informazione e coinvolgimento dei consumatori, per adeguarne il comportamento e gli atteggiamenti alle esigenze di prevenzione della produzione di rifiuti da imballaggio, e partecipazione alle iniziative di recupero e riciclaggio.
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Andrea Cirelli

È ingegnere ed economista ambientale, per dieci anni Autorità vigilanza servizi ambientali della Regione Emilia Romagna, in precedenza direttore di Federambiente, da poco anche dottore in Scienze e tecnologie della comunicazione (Dipartimento di Studi Umanistici di Ferrara).


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it