Ethel e Julius Rosenberg non li ricorda più nessuno, la memoria malandrina della politica li ha sepolti in un oblìo indegno della civiltà, oblìo interessato naturalmente, come vuole la prassi consolidata secondo la quale vanno ricordati soltanto i personaggi che nella storia sono accettati dal potere: quale potere? Il potere, rispondeva Lev Davidovich Trotskji, il potere non ha bisogno di ulteriori classificazioni, il potere è il potere, what else, che altro? La rivoluzione (e non le rivoluzioni) non dovrebbe servire ad altro se non ad abbattere la prevaricazione, l’anima del potere: purtroppo c’è sempre qualcuno che poi usa la rivoluzione per erigere altro potere e così andiamo avanti da sempre. Ethel e Julis Rosenberg, coniugi americani, furono protagonisti e vittime di uno dei casi più infami inventati in quel Paese che abbiamo innalzato, senza molte ragioni, a simbolo della libertà e della democrazia, nazione chiusa in se stessa invece, colonialista, la quale ha bisogno di sfruttare gli altri popoli per mantenere alto, sempre più alto, il proprio tenore di vita rafforzando ogni giorno la propria ricchezza e la propria fame di successo, come ci ha insegnato John Waine, bisogna vincere è la filosofia a stelle e strisce, che non vince è meglio che sparisca.
Di questo pensiero fascista fu grande assertore, tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio degli anni Cinquanta un americano violento, il generale Douglas Arthur MacArthur, la cui aspirazione era di fare la guerra a tutto il mondo e affermare così, senza possibilità di discussione, the american way of life, la via americana all’esistenza, che si traduce nella gloria del forte e nel vituperio del debole, insomma un fascista all’ennesima potenza. In questa sua ideologia il nemico da distruggere, quello che gli toglieva il sonno alla notte, era il comunismo, che significava, nella sua mente ristretta, disfattismo e povertà.
Julius ed Ethel Rosenberg erano due pacifici ebrei comunisti e diventarono nell’azione propagandistica maccartista simbolo del male. Erano da annientare per dimostrare come vanno trattati i comunisti, una teoretica già attuata negli Stati Uniti quando si dovevano colpire i lavoratori e allora le vittime furono Sacco e Vanzetti, ammazzati senza prove, anzi con prove contrarie all’accusa, come mi dimostrò l’ultimo loro avvocato quando negli anni Sessanta venne a Milano a presentare il suo libro sul famoso, o famigerato, assassinio di Stato.
I Rosenberg furono i Sacco e Vanzetti del Cinquanta, già la filosofia maccartista aveva fatto molti chilometri ed era arrivata in Italia, dove fu accolta con entusiasmo dalla destra e dal Vaticano: essere comunisti allora (a volte anche adesso) voleva dire non trovare lavoro, non poter fare carriera pubblica e militare, essere ostacolato anche nell’impiego privato, ma, soprattutto, significava aprirsi le porte dell’inferno: sui confessionali delle chiese in quel periodo venne appeso il promemoria dei nostri più gravi peccati: hai rubato, hai ucciso, hai desiderato la donna d’altri, hai commesso atti impuri, sei comunista…? I coniugi ebrei Rosenberg, senza alcuna vera prova, vennero accusati di essere spie del Cremlino e, dopo un processo farsesco, condannati a morte. Furono messi sulla sedia elettrica il 19 giugno del 1953. Il grande McArthur aveva vinto e potè cominciare le sue epurazioni contro quei pericolosi sovversivi degli intellettuali, genìa da sterminare. La destra non ha cambiato volto, il suo santino è sempre il generale McArthur.
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Gian Pietro Testa
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