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Culti e catastrofi: 10 anni di ricerche archeologiche e geologiche. Gli scavi archeologici di Montegibbio (MO) 2006/2015

da: ufficio stampa SBArcheo Emilia-Romagna

Una serata per divulgare gli ultimi dati sulle ricerche archeologiche e geologiche realizzate a Montegibbio e fare il punto sulle prospettive future di un sito unico nel suo genere.

Gli archeologi, geologi e botanici che in questi quasi 10 anni si sono dedicati alla scoperta e allo studio del Santuario di Minerva, sorto in prossimità di polle d’acqua salutifere e distrutto più volte da eventi catastrofici, illustrano i risultati delle ricerche avviate nel 2006 e appena concluse

Intervengono:

Claudio Pistoni, Sindaco di Sassuolo

Stefania Cargioli, Fondazione Cassa di Risparmio di Modena

Luigi Malnati, Soprintendente per l’Archeologia dell’Emilia Romagna

Francesca Guandalini, ArcheoModena

Lisa Borgatti, Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica, Ambientale e dei Materiali, Università di Bologna

Maria Chiara Montecchi, Laboratorio di Palinologia e Paleobotanica, Dipartimento di Scienze della Vita, Università di Modena e Reggio Emilia

www.comune.sassuolo.mo.it

Il Santuario di Minerva e l’insediamento rustico di età romana a Montegibbio di Sassuolo (Modena)

info scavi su www.archeobologna.beniculturali.it

In attesa dell’arrivo di risorse che consentano una ripresa dei lavori e la valorizzazione dell’area, si sono appena concluse le ricerche nel sito archeologico di Montegibbio, condotte con cadenza annuale a partire dall’estate 2006

Le indagini più recenti hanno non solo rilevato una prima frequentazione del sito già in epoca pre-protostorica (Neolitico-Età del Rame) ma hanno soprattutto chiarito come questo insediamento di età romana, inizialmente interpretato come una villa, fosse in realtà un luogo sacro. Le strutture di età repubblicana e di prima età imperiale rinvenute si sono rivelate pertinenti a un santuario connesso alla venerazione di Minerva, dea legata agli aspetti salutari delle acque e dei vulcani di fango (salse) noti nella zona.
Questo culto, testimoniato anche da una coppa su cui è incisa la dedica alla dea, persiste dal III-II sec. a.C. fino agli inizi del II sec. d.C.

A partire dal III sec. d.C., il sito cambia la propria destinazione d’uso diventando un insediamento rustico con impianti produttivi.

Nel sito di Montegibbio, le ricerche si sono concentrate prevalentemente su due pianori posti lungo il versante occidentale del bacino del Rio del Petrolio, alla quota di 350 m s.l.m.
Nei due pianori sono state individuate sette fasi insediative, intervallate da almeno tre catastrofi naturali che, in diversi periodi storici, hanno causato l’abbandono dell’insediamento.

Nel primo pianoro, le strutture archeologiche più eclatanti (anche per le deformazioni rilevate) sono costituite da quattro vani con pavimentazioni in opus signinum, costruiti alla fine del I sec. a.C. e abbandonati agli inizi del II sec. d.C. in seguito a un catastrofico evento naturale.

Nel secondo pianoro, localizzato lungo il pendio a una quota inferiore rispetto al primo, sono state messe in luce strutture murarie in blocchi lapidei bugnati in arenaria che delimitano un grande vano (inquadrabile al II-I sec. a.C.) probabilmente contenente la polla fangosa di una salsa.
A partire dalla fine del I sec. a.C. la discesa alla polla viene agevolata da una scala in laterizi che affianca un vano con una bella pavimentazione in opus signinum.

In epoca tardo-antica (nel IV secolo d.C.), con la perdita della valenza sacrale del sito, in corrispondenza della polla viene costruito un pozzo con camicia in ciottoli.
Questa struttura, defunzionalizzata da un nuovo evento catastrofico nel corso del VI sec. d.C., rappresenta l’ultima testimonianza di vita dell’insediamento.

Ciò che rende speciale il sito di Montegibbio, oltre alle specifiche valenze storico-archeologiche, sono le deformazioni osservate negli strati e nelle strutture rinvenute, probabilmente riconducibili a scosse sismiche locali connesse a fuoriuscite fangose di piccoli vulcani di fango.
Per comprendere un contesto così particolare -che fa del sito di Montegibbio un unicum nel suo genere- è stata necessaria la presenza contemporanea sullo scavo di archeologi, geologi e paleo-botanici, impegnati in un confronto multidisciplinare.

A conclusione delle ricerche, quest’anno saranno pubblicati i dati raccolti –ben sette tesi di laurea sono già state discusse su questa scoperta- e rese note al pubblico le conoscenze acquisite.
Questo obiettivo sarà possibile grazie al supporto della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena e Reggio Emilia che ha finanziato la campagna di scavo 2014, la documentazione grafica, il restauro dei materiali mobili e le analisi geologiche e botaniche che già stanno rivelando dati di inestimabile valore scientifico.

La realizzazione di una mostra con pannelli didattici e video, prevista per l’estate prossima nel Castello di Montegibbio, segue le numerose iniziative di divulgazione organizzate nel corso degli anni passati.

Tra queste ricordiamo la mostra archeologica realizzata nel 2007 nel castello di Montegibbio e nel Palazzo Ducale di Sassuolo (con relativo catalogo) e il convegno tenutosi nel 2009 a Sassuolo, cui ha fatto seguito la pubblicazione degli atti nei Quaderni di Archeologia dell’Emilia Romagna, curata nel 2010 da Donato Labate e Francesca Guandalini.
Il Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena ha ospitato nel 2013 una conferenza con proiezioni di video e letture di fonti storiche, poi riproposta nella giornata di studi riguardante i terremoti che si è tenuta nell’estate dello stesso anno nella Riserva delle Salse di Nirano (Fiorano Modenese).

Ricordiamo infine anche le numerose attività di divulgazione, sia per le scuole di Sassuolo che per la cittadinanza, organizzate ogni primavera-estate con visite guidate al sito archeologico e laboratori didattici.

c/o Auditorium “Pierangelo Bertoli”
Via Pia n. 108
SASSUOLO (MO)
Info 0536 1844965
info: etagliavini@comune.sassuolo.mo.it

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PAESE REALE
di Piermaria Romani

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)