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Scrivo da una prospettiva di donna, madre di 4 figli, casalinga e aggiungo femminista. Da quando siamo chiusi in casa per ottemperare alle regole della quarantena, io e i miei figli ci siamo attenuti rigorosamente a quanto richiesto  per rispetto alla comunità. Avvertiamo l’urgenza di frenare un contagio che sta mettendo in ginocchio il Sistema Sanitario Nazionale, innanzitutto per rispetto ai medici e agli infermieri, ai quali voglio esprimere tutta la mia gratitudine e riconoscenza e in secondo luogo per tutti i malati che hanno bisogno di cure. Per me, che sono casalinga, lo sforzo di stare confinata in casa non è poi così insopportabile. Io resto a presidiare il mio posto di lavoro, sono nel mio ambiente quotidiano, dunque sono una privilegiata e lo sono per più motivi.
Il primo: l’ho accennato, sono abituata a questa vita.
Il secondo: è che ho una casa con giardino, posso godere dell’aria aperta, stendere fuori all’aperto, muovermi all’aria aperta in concreto.
Il terzo: ho una famiglia numerosa, nella quale la convivenza delle differenze è vista in positivo, normali conflitti che ci aiutano a crescere.

La quarantena dunque è coincisa  con l’occasione di renderla per me un’opportunità. Stare tutti a casa insieme, imparare a dividerci i compiti nelle pulizie, nello stendere, nel cucinare e nel fare quelle pulizie che si fanno di rado, le famose pulizie di primavera. Fare insieme, insegnare ad osservare quanto lavoro c’è nel lavoro di cura, quello che, per la maggioranza, compresi i miei figli, è un lavoro scontato, raramente riconosciuto, spesso taciuto se non nei discorsi per il giorno della festa della mamma o altri piccoli episodi. Per apprenderlo ci vuole tempo, un tempo diluito, un tempo che si ripete, quasi monotono, ripetitivo, il tempo che la quarantena ci propone. Non voglio entrare nella polemica di quanto il lavoro di cura sia dimenticato e lasciato sulle spalle delle donne nel mondo fuori di qui e nei posti di potere, non è il momento, ne riparleremo.Oggi, chi come me ha scelto o si è ritrovata a fare la casalinga di mestiere per la maggioranza della sua vita, ne gode i benefici, sa come muoversi in questi ritmi.

Quello che voglio dire ai nostri governanti e amministratori è che i grandi assenti nei loro discorsi sono i bambini. i bambini piccoli, come non fossero cittadini come tutti noi, non sono quasi mai menzionati e ciò che non si nomina non esiste, nel senso che non esiste nei nostri pensieri, a livello simbolico e quindi nella cura del futuro. Perciò nel simbolico dei nostri governanti mondiali non c’è il futuro, quello a lungo raggio, quello della visione. Ci stavamo andando a schiantare contro un muro prima della pandemia. Le strategie politiche mondiali ci portavano direttamente lì contro il muro e chi lo stava mostrando al mondo era appunto una ragazzina, Greta Thunberg, da molti dei nostri governanti considerata una pazza ossessionata. Ora il muro si è palesato, ma se non sapremo cambiare la visione, il futuro non ci sarà.
Dobbiamo ripensarci antropologicamente e dobbiamo farlo adesso.

Non dimentichiamoci che il cambiamento parte dal lavoro di cura di ognuno di noi e dalle nostre future risposte abili (responsabili), tante piccole risposte abili, che faranno la differenza e che costringeranno coloro che prendono le decisioni per la comunità a puntare lo sguardo ad altezza un metro, ad altezza di bambino, unica garanzia che le loro scelte non siano opportunistiche. I bambini non votano, ma sono il paradigma su cui si costruisce il futuro, il nostro tesoro. A questo proposito vi invito ad andare a vedere il progetto La città dei bambini del CNR (www.lacittadeibambini.org), un progetto politico a tutti gli effetti e che, in quanto progetto concreto, sposta radicalmente i paradigmi su cui si fondano le strategie politiche e rimane inascoltato dai più fin dal lontano 1991.
Il tempo per leggerlo e capirlo a fondo oggi lo abbiamo. Studiatelo, sta in piedi e domani potremo pretenderlo in tanti e non potranno dirci di no!

Cover: L’immagine è tratta dal giornale La Gazzetta del cocomero del maestro Mauro Presini, collaboratore di Ferraraitalia. Cogliamo l’occasione per salutare tutti i bambini e ringraziare i giovani autori del disegno. 

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Roberta Trucco

Classe 1966, genovese doc (nel senso di cittadina innamorata della sua città), femminista atipica, felicemente sposata e madre di quattro figli. Laureata in lettere e filosofia con una tesi in teatro e spettacolo. Da sempre ritengo che il lavoro di cura non si limiti all’ambito domestico, ma debba investire il discorso politico sulla città. Per questo sono impegnata in un percorso di ricerca personale e d’impegno civico, in particolare sui contributi delle donne e sui diritti di cittadinanza dei bambini. Amo l’arte, il cinema, il teatro e ogni tipo di lettura. Da alcuni anni dipingo con passione, totalmente autodidatta. Credente, definita dentro la comunità una simpatica eretica, e convinta “che niente succede per caso.” Nel 2015 Ho scritto la prefazione del libro “la teologia femminista nella storia “ di Teresa Forcades.. Ho scritto la prefazione del libro “L’uomo creatore” di Angela Volpini” (2016). Ho e curato e scritto la prefazione al libro “Siamo Tutti diversi “ di Teresa Forcades. (2016). Ho scritto la prefazione del libro “Nel Ventre di un’altra” di Laura Corradi, (2017). Nel 2019 è uscito per Marlin Editore il mio primo romanzo “ Il mio nome è Maria Maddalena”. un romanzo che tratta lo spinoso tema della maternità surrogata e dell’ambiente.


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it