Galeotto fu il titolo: l’analfabeta funzionale e la ‘damnatio lecturae’
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Il 1 agosto 2017, alle ore 14, una testata giornalistica, per la precisione VareseNews, pubblica un articolo. Fin qui nulla di particolare, nemmeno nei contenuti, i quali riguardavano una decisione della nuova giunta comunale di Tradate di eliminare l’usanza di cantare l’Inno di Mameli agli inizi delle sedute. Anche l’atto compiuto dalla coalizione in carica, a maggioranza leghista, non ha nulla di eccezionale: la Lega, almeno quella presalviniana, è sempre stata un’accanita rivale del tricolore (basti pensare a quante ne ha dette Bossi sulla bandiera italiana). Ma un normale articolo che descrive un fatto coerente con una certa corrente di pensiero, messo alla mercé di “legioni di imbecilli” [cit. Umberto Eco] può creare un fenomeno che ha un nome e cognome: analfabetismo funzionale. Osservare questo avvenimento oggi non è così difficile: la connettività e la libertà e facilità di dare opinione creata dai social ha dato la possibilità a tutti di dire la propria.
Dovrebbe essere diversamente? Eco (sempre Umberto) diceva per esteso “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli”. Ma è importante poterlo osservare questo analfabetismo e un interessante articolo di Dailybest che analizza ciò che è successo.
Dopo la pubblicazione sui social, l’invasione di commenti è stata alta e, solo dopo pochi minuti, ecco uscire i primi ‘legionari’. Si parte con i comunisti: le accuse vanno dal “lo sostituiranno con l inter nazionale” (esattamente scritto così) al “canteranno bella ciao…un saluto, anzi,un addio all italia….”. Assolutamente evidente la questione: i leghisti sarebbero diventati comunisti. Oppure queste persone hanno soltanto letto il titolo? Ma un antropologo ci spingerebbe ad approfondire: ed ecco arrivare i musulmani con il loro “inno”, poi ci sono le accuse alla Boldrini (arrivate dopo la scrittura dell’articolo del Daily), sospetti della sostituzione con l’inno del Ghana e chi più ne ha più ne metta. Qualcosa di assolutamente fuori da ogni logica per chi avesse quantomeno aperto l’articolo, che ben spiega il fatto accaduto. Ma qui avviene l’incredibile. Qualcuno la briga di leggerlo se l’è presa e subito prova a riportare alla realtà dei fatti gli accusatori, facendo notare che chi ha preso questa decisione sicuramente non è di sinistra, amico di Renzi o della Boldrini e sicuramente non sostituirebbe l’Inno italiano con uno musulmano (che per chiarezza non esiste) o con quello del Ghana. Arrivati a questo punto qualsiasi tipo di scelta di un essere che abbia quanto meno a cuore la propria faccia imporrebbe di fare ammenda e chiedere scusa oppure, molto più saggiamente, eliminare il commento e dedicarsi a un po’ di silenzio, magari leggendo l’articolo.
L’analfabeta funzionale invece no: messo davanti al proprio errore, insiste, anzi arriva anche ad accusare il censore. E volano così le incriminazioni di collusione tra Lega Nord e comunisti, con i soliti “sono tutti uguali”. C’è chi colto in fallo va oltre, persino dopo gli avvisi del giornale stesso, che invita a leggere l’articolo prima di commentare (nel 2017 siamo ridotti a questo), e accusa il giornale stesso o il giornalismo in generale: la colpa sarebbe di fare dei titoli fuorvianti oppure sensazionalistici. Ma a questo punto la domanda sorge spontanea: con titoli del genere almeno lo si aprirebbe l’articolo?
Tutto questo fa riflettere: la comunicazione dove sta andando? Serve ancora cercare di fare del buon giornalismo e perdere ore per scrivere un buon articolo, o basta fare un titolo? Le risposte sarebbero semplici, ma non scontate.La questione c’è ed è seria.
Che l’informazione abbia un problema è chiaro, la figuraccia ‘Trump’ è una ferita ancora aperta, ma non può essere una giustificazione a un comportamento di massa come quello dell’analfabetismo funzionale, che crea conseguenze e ricadute nel reale come creazioni di bufale, false notizie, pseudoscienza, allarmismi (è di pochi giorni fa quello di una prossima ‘èra glaciale’) o addirittura, quando si esagera, il voler scavalcare le voci ufficiali. Su quest’ultimo punto è emblematico chi, dopo un terremoto accusa l’Ingv di abbassare la magnitudo di un sisma perché così lo Stato non pagherebbe i danni. E la conseguenza è grave perché il suddetto istituto è spesso costretto a rettificare il perché la magnitudo si può modificare. Ma l’analfabetismo ha fatto altri danni: meteorologi accusati di non aver previsto abbondanti nevicate quando semplicemente non si sanno interpretare i dati legati ai millimetri indicati sulle previsioni, scienziati che nasconderebbero la realtà dietro le ‘scie chimiche’, per non parlare delle improbabili ‘scoperte nascoste’ nel campo della cura dei tumori.
Insomma un mondo, quello dell’analfabeta funzionale, che è cresciuto a dismisura con la libertà data dai social. Libertà che non può e non deve essere tolta, ma che assolutamente va ‘educata’: chi usufruisce di simili strumenti deve essere educato a leggere ciò che si scrive, cercare di capirlo, capire se è un sito affidabile o meno e, soprattutto, non fermarsi al solo titolo di un articolo. Questo è un problema che si dovrebbe affrontare sin dalla scuola, che deve fare i conti con una realtà cambiata e sempre più interattiva, una realtà dove i robot parlano tra loro in lingue incomprensibili, come incomprensibili resteranno i testi dietro a titoli non aperti.
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Jonatas Di Sabato
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