Franco Stefani, l’urgenza del dire. “Con la poesia cerco il dialogo”
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“Credo nella brevità e nell’essenzialità”. Anche per lasciare qualcosa più di semplici “orme sulla sabbia che il mare subito cancella”, dopo aver trascorso la vita a raccontare le vite e i fatti degli altri, Franco Stefani, centese, da 35 anni giornalista professionista, si è risolto a metter su carta i suoi componimenti creativi: poesie e racconti brevi. Già nello scorso autunno era uscita una prima raccolta di liriche (“Qualche volta, la vita”), editata in proprio e destinata principalmente agli amici, quasi una prova d’autore per saggiar la consistenza del tessuto. “L’accoglienza è stata buona e questo mi ha incoraggiato a proseguire. Avevo una serie di racconti scritti negli anni e alcuni testi poetici di quest’ultimo periodo ancora inediti, oltre a varie note di viaggio su Irlanda e Portogallo e una serie di poesie che erano state pubblicate da Roberto Roversi su Bologna incontri”. Il libro nasce così, stavolta con il sostegno di un editore vero, il prestigioso Pendragon, e si compone di quattro sezioni. Da oggi è in libreria.
Ma in questo slancio non c’è solo una semplice brama di eternità, il desiderio di far sedimentare una traccia permanente. Spiega l’autore: “Avverto l’urgenza di comunicare perché percepisco il dialogo come bisogno impellente del nostro tempo. E ritengo che la poesia e anche il racconto, seppur brevissimo, possano rappresentare una incisiva forma di comunicazione, purché sappiano esser densi di contenuti e significati”.
Un’urgenza, la sua, indotta dalla consapevolezza che in questi “tempi malvagi […] col cuore morto si sta in allarme” e magari anche dalla volontà di non piegarsi, perché “l’ambizione / è di aver qualcosa da dire, / per non chinare il capo”.
C’è in Stefani lo sgomento per il presente “oscuro” e la ‘Nostalgia’ di quando “svoltato l’angolo era libertà, / diventavo padrone del giorno. / M’immergevo nella campagna / nei suoi odori / nei suoi silenzi . / A primavera / in tenere notti, / era mia anche la luna”.
Il disagio dei tempi moderni, dunque, “di onde inquiete e nuvole oscure”, e insieme il rimpianto per l’età perduta, quella dell’innocenza e della possibilità. Così si incontrano “il grido interiore che spinge / fino al limite della voragine” e gli “incantatori echi di memoria”.
La musicalità, che è cifra propria dell’espressione poetica, è lo strumento che soddisfa il bisogno dell’autore di esperire almeno un tentativo per ricomporre l’armonia perduta dalla nostra (in)civiltà e ritrovare il giusto ritmo nel palpito della vita. Non a caso la musica è tanto amata da Stefani (con una speciale predilezione per il jazz) ed è spesso evocata anche nelle sue composizioni. “Considero la mia poesia uno sguardo inconsueto sul quotidiano, un modo per riscoprire il senso di cose consuete cui tendiamo non dare importanza. Trasferisco emozioni e sensazioni che anche altri possono vivere, nelle quali si possono riflettere”. La sollecitazione al dialogo, attraverso la condivisione di sentimenti e stati d’animo. La ricerca di un solidale consorzio umano per affrontare il cammino sotto le stelle. E sotto le nubi.
“…e alla fine chiedo / liberaci dal male, / abbi pietà / solo così so pregare / tra il farsi e il disfarsi / del destino”
Franco Stefani, Tre sguardi in uno. Racconti, poesie, note di viaggio, Pendragon
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Sergio Gessi
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