DI VINO
Fra i vini di Liguria, ignoti al grande pubblico, primeggiano Pigato e Vermentino
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Nella maggior parte dei menu dei ristoranti italiani la voce Liguria fra l’elenco dei vini non compare. Chi chiede un Vermentino, normalmente, ha in testa quello sardo, sapido e lievemente senapato, o tuttalpiù quello toscano. Difficilmente chiederà o riceverà un Vermentino ligure. Eppure questo bianco di Liguria, in particolare se prodotto nella zona di Luni, al confine con la Toscana si può segnalare – così come l’elegante Pigato – fra i prodotti notevoli del panorama vinicolo italiano. Ma la produzione del territorio ligure risulta marginale e fatica a catturare l’attenzione del mercato. Appena cinquemila sono gli ettari coltivati a vite, concentrati fra le terre di levante e ponente. Conseguentemente ridotta è la produzione, normalmente inferiore ai cinquemila ettolitri annui. Non sono molte neppure le varietà presenti nella magra Liguria, dalla curiosa conformazione a boomerang: un arco costituito da colli che si tuffano in mare. Ridottissima, in zona, è l’escursione termica; decisamente particolare il clima, inadatto per parecchie varietà d’uva.
Primeggiano i bianchi: oltre ai già citati Pigato e Vermentino, si segnalano il Levanto, il Cinque Terre, la popolare Bianchetta (anche frizzante), l’elegante Colli di Luni. Bosco, Albarola e Vermentino si coalizzano per dare anima al celebrato e raro Sciacchetrà, un passito per facoltosi intenditori, figlio delle Cinque Terre, mentre la zona del Tigullio esprime pure un Moscato, non particolarmente noto, però.
Fra i rossi, Rossese e Ormeasco sono i più ricercati, e con loro le varianti ‘tinte’ di Tigullio e Levanto oltre a un più raro Ciliegiolo e alla riscoperta Granaccia (da uve Alicante, tipiche del savonese), interessante anche come passito.
Di recente a Ferrara, il piacere di degustare proprio i vini di Liguria, nella cornice del ristorante Le Querce (del Cus), è stato riservato ai soci Onav, grazie al consueto prodigarsi del segretario Lino Bellini, come sempre coadiuvato da Ruggero Ciammarughi e Alberto Capponcelli. Introdotti dalla sapiente e appassionata prolusione del maestro assaggiatore ligure Andrea Briano, si sono fatti apprezzare al palato degli ospiti alcuni fra i prodotti presentati, in particolare il Basura Obscura, uno spumante metodo classico ottenuto da uve Pigato in purezza, prodotto dall’azienda vitivinicola Durin, utilizzando mosto in luogo degli zuccheri, e servito a preambolo della serata. Molto gradito anche il Pigato “Vigne Veggie” della cantina Massimo Alessandri di Imperia.
L’Organizzazione nazionale assaggiatori vini – peraltro – per l’autunno ha in programma anche un ben articolato corso in 18 lezioni, pensato per chi desidera approcciarsi al vino con piena consapevolezza e la capacità di coglierne il carattere autentico. Intanto il prossimo appuntamento è già fissato per il 9 maggio, con le bollicine di Franciacorta, sempre alle Querce del Cus.
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Sergio Gessi
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