Finzione letteraria e realtà narrativa: Andrea Molesini e Gianni Simoni
Tempo di lettura: 3 minuti
Da: Ibs + Libraccio
Venerdì 11 novembre ore 21:00
Presso la storica sala dell’Oratorio San Crispino
Libreria Ibs+Libraccio di Ferrara
Dialoga con gli autori Piergiorgio Pulixi’
Andrea Molesini presenta
‘La solitudine dell’assassino’ Rizzoli
«Una romanzo ora movimentato, con momenti da colpi di scena; ora di sguardi, mezze parole, incubi, proprio di un darsi-non darsi tra le figure speculari dei due protagonisti; in un rapporto in cui le parole pesano il silenzio, anche perché entrambi a vario titolo si trovano a fare i conti con i fantasmi del proprio passato». – Ermanno Paccagnini, La Lettura
Andrea Molesini ha scritto un romanzo di forti emozioni e stile felice sulle sfide imposte dalla libertà, sui dispetti del caso, sull’amicizia che ogni giorno va rimessa alla prova, sul nostro insopprimibile bisogno di dare un senso alle cose.
Molti anni fa, Carlo Malaguti ha ucciso. Da allora, la pena più dura non è quella che sta scontando nel carcere di Trieste, ma l’ostinato silenzio in cui ha seppellito la propria verità sul delitto, rinunciando persino a difendersi in tribunale. Tra le mura della sua cella sembra aver trovato un riparo dal rumore del mondo che lo aiuta ad affrontare la tenebra che sente dentro di sé. Adesso però Malaguti ha più di ottant’anni e un giudice ha stabilito che deve tornare libero. Ma libero di fare cosa? Di confessare? Di uccidere ancora?Sono queste le domande che non danno pace a Luca Rainer, stimato traduttore sulla soglia critica dei quaranta. I due non si conoscono, ma qualcuno vuole farli incontrare, sapendo che a legarli può esserci molto più di una fervida passione per la letteratura. Entrare nel labirinto fortificato che è la mente di Malaguti è un’impresa ardua: Rainer dovrà mostrarsi degno dei segreti che l’assassino custodisce, battersi con l’immensità della sua solitudine, e provare il sapore acre della paura.
Andrea Molesini è nato e vive a Venezia. Ha curato e tradotto opere di poeti americani: Ezra Pound, Charles Simic, Derek Walcott. Ha scritto storie per ragazzi tradotte in varie lingue. Non tutti i bastardi sono di Vienna è il suo primo romanzo.
Gianni Simoni presenta
‘Fiori per un vagabondo’ Tea
Un nuovo caso per la coppia di investigatori tanto amata dai lettori. Il commissario Miceli e l’ex giudice Petri questa volta dovranno scoprire prima di tutto l’identità della vittima…
“Non siamo più di fronte a un regolamento di conti, in cui il barbone si è trovato per caso” terminò la frase Petri, “ma a un omicidio volontario. Un omicidio premeditato. Ora la domanda è: perché hanno sparato a un barbone?”
Una sparatoria in pieno giorno sulla porta di un bar nella periferia di Brescia. E, mentre una Vespa si allontana a tutto gas verso la tangenziale, un barbone che passava di lì per caso si accascia sul marciapiede. Sembrerebbe una faccenda di poco conto, eppure… Subito emergono alcune stranezze: se si trattava di un vagabondo, perché allora indossava una camicia cifrata e di ottima fattura e aveva le unghie dei piedi curate? E come mai è stato colpito da ben due colpi, uno di striscio alla spalla e l’altro, letale, in pieno viso? Un proiettile vagante passi, ma due… I conti non tornano per il commissario Miceli, che, in assenza del commissario titolare Grazia Bruni, è stato reintegrato a tempo pieno, con buona pace della sospirata e sempre più lontana pensione. E, come sempre, quando i conti non tornano, Miceli chiama in aiuto il suo vecchio amico, l’inossidabile ex giudice Petri. Nonostante le flebili, se non quasi inesistenti tracce – un anonimo mazzo di fiori di campo lasciato chissà da chi sul luogo del delitto -, i due investigatori riusciranno a dare corpo a un caso che rischiava di scomparire, come la sua vittima.
Gianni Simoni vive a Milano dal 1985. Entra in magistratura nel 1967, giudice istruttore a Milano e poi a Brescia dal 1974 al 1985.
Si è occupato della maggior parte dei processi di sequestro di persona a scopo di estorsione e di alcuni dei processi ‘politici’ di quegli anni, svolgendo indagini sulle cellule bresciane legate alle BR e a Prima Linea. Nel 1985 si trasferisce alla Procura Generale di Milano, tratta come pubblico ministero alcuni dei principali processi di criminalità organizzata (Wall Street, Count Down) e il processo d’appello per l’omicidio Ambrosoli. Conduce l’inchiesta sulla morte per avvelenamento di Michele Sindona nel carcere di Voghera. Oggi è in pensione, e si dedica alla scrittura.
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