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Da M5s

Nel nostro paese la normativa relativa agli orari degli esercizi commerciali è stata parzialmente
liberalizzata fino a tutto il 2011.
Dall’inizio del 2012, e quindi da più di 5 anni, grazie al governo Monti la liberalizzazione in
materia di orari di fatto è totale.
Va chiarito preliminarmente che gli eccessi di liberalizzazioni penalizzano i piccoli negozi,
costringendo imprenditori e lavoratori a sacrificare valori importanti come la famiglia ed il meritato
riposo, ma soprattutto che soltanto la Grande Distribuzione Organizzata ne ha tratto un notevole
vantaggio.
La liberalizzazione totale degli orari, era stata “venduta” come una norma che avrebbe:
-favorito la concorrenza
-favorito aumento dei consumi e del Pil
-aumentato l’occupazione
Confondere le liberalizzazioni, o meglio, “venderle” come presupposto salutare per l’economia non
è corretto, così come non è corretto, anzi è addirittura falso, dichiarare che i maggiori Paesi europei
godono di orari liberalizzati.
Basta una veloce ricerca su Internet per vedere come nel Regno Unito, Francia e Germania le
aperture domenicali, e tanto meno festive, rappresentano una eccezione e non la regola.
Il bilancio dei cinque anni è negativo su tutti i punti di fin qui visti:
– In termini di concorrenza: non la si è favorita o meglio si è favorito un solo concorrente, che è
facilmente individuabile nella Grande Distribuzione Organizzata, a scapito delle altre componenti
del mercato. Non a caso nel quinquennio la quota mercato della G.D.O. è cresciuta del 2,4 % mentre
quella del commercio tradizionale è diminuita del 3%. Hanno chiuso ben 90.000 attività. Qual è
quel imprenditore che può permettersi di tenere aperto 365 giorni l’anno per 24 ore? Non è a caso se
si citano questi “numeri”, soprattutto le 24 ore, perché proprio un’importante catena di Grande
Distribuzione Organizzata da pochi mesi ha pubblicizzato l’apertura di 100 suoi punti vendita
giorno e notte, 7 giorni su 7.
– L’aumento dei consumi non lo si genera aumentando gli orari, ma bensì dando garanzie di reddito
che al momento il mondo del lavoro in genere fatica sempre più a garantire.
– Sull’occupazione i dati sono ancor più emblematici in questi ultimi 5 anni: sono infatti 180.000 i
posti di lavoro persi nel commercio tradizionale!
L’unica nota positiva viene fornita da un recente sondaggio SWG secondo il quale il 62% degli
italiani si dice favorevole a reintrodurre una regolamentazione delle aperture festive delle attività
commerciali, anche perché cominciano a vedersi ad occhio nudo la desertificazione delle periferie e
dei piccoli centri, oltrechè delle attività commerciali dei centri storici.
Esattamente a tal riguardo critichiamo la scelta discriminatoria dell’amministrazione di questa città
di annullare in maniera del tutto esclusiva ed arbitraria il solo mercato del venerdì in centro storico
proprio in occasione delle celebrazioni del 2 giugno, considerando le norme vigenti che dovrebbero
piuttosto garantirlo, anzichè cogliere l’occasione per impegnarsi a creare una sinergia coabitativa tra
i due eventi; in questo modo si danneggiano inutilmente le solite 90 aziende a conduzione familiare
che coinvolgono circa 200 lavoratori addetti, a favore ancora una volta del decentramento verso le
grosse catene.

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