Questa settimana, si sono succeduti alcuni eventi che hanno portato Ferrara al centro della cultura non solo cittadina, ma nazionale. Tra i più importanti: la riapertura del Centro studi bassaniani, l’inaugurazione dello slargo dedicato a Paolo Ravenna, l’apertura del restaurato Mof, l’edificio che ospitava gli uffici del mercato ortofrutticolo, ora divenuto la sede dell’Ordine degli architetti e dell’Urban Center con i begli affreschi di Galileo Cattabriga. E poi anche altri e importanti eventi, tra cui la presentazione al Museo dell’Ebraismo Italiano e della Shoah della seconda edizione ampliata di un libro fondamentale uscito la prima volta nel 1994: quello di Michele Sarfatti, ‘Mussolini contro gli ebrei. Cronaca dell’elaborazione delle leggi del 1938’. Basterebbe, per chi è ferrarese, citare i nomi dei protagonisti degli eventi per ricostruire, secondo il titolo del volume complessivo di Giorgio Bassani, ‘Il romanzo di Ferrara’, ciò che da cronaca si è presentata nel suo aspetto artistico e da qui è stato di nuovo collocato nel flusso della Storia attraverso la memoria.
Si potrebbe allora riassumere il significato di queste celebrazioni proprio attraverso il filo rosso della memoria.
E di quale memoria.
La generosità della compagna di Giorgio Bassani, Portia Prebys, che ha stipulato una convenzione con il comune di Ferrara per attuare il progetto di trasportare in un palazzo storico della città, la casa Minerbi-Del Sale, i luoghi abitati dal grande scrittore con tutto quello che ha rallegrato gli ultimi sereni anni della sua vita. C’è la sala da pranzo con il tavolo attorno al quale s’alternavano, invitati, grandi scrittori suoi amici; c’è il salotto con le poltrone rosse su cui sedevano Portia e Giorgio; c’è parte della straordinaria collezione delle stampe di Piranesi, tutte in primo stato tra cui le due vedute della Colonna Traiana e quella di Marco Aurelio lunghe tre metri; ci sono gli argenti, le porcellane, i servizi di piatti e le preziose posate; c’è il ritratto di Bassani dipinto da Carlo Levi che ci trafigge con l’intensità dello sguardo; ci sono le foto, le porcellane, i ricordi del nonno Cesare Minerbi e quelli più attuali e commoventi della sorella Jenny, pittrice, allieva di Galileo Cattabriga e straordinaria bricoleuse, regalati dai figli Davide Dora Claudio Liscia. E c’è il fac-simile del manoscritto del Giardino dei Finzi-Contini donato al Comune da Ferigo Foscari Widmann Rezzonico nipote di Teresa Foscolo Foscari, amata dallo scrittore alla quale il manoscritto fu dedicato e regalato. Il manoscritto è ora custodito alla Biblioteca Ariostea. E c’è il manoscritto originale de Gli occhiali d’oro che arricchisce filologicamente e storicamente il progetto perseguito dalla professoressa Prebys, quello cioè di offrire un luogo di studio e di lavoro che raccolga le testimonianze più importanti per coloro che sono interessati non solo allo scrittore ma alla cultura del Novecento letterario italiano. Con pazienza e dedizione Portia Prebys ha raccolto negli anni tutto quello che si poteva reperire su Giorgio Bassani e il volume che contiene l’indicazione bibliografica di questo lavoro non a caso si chiama La memoria critica su Giorgio Bassani e un secondo che raccoglie la più esaustiva Bibliografia di Giorgio Bassani. I documenti debitamente schedati in Internet sono consultabili al Centro in cinque copie cartacee che possono essere fruite senza toccare gli originali. Si aggiunga una biblioteca di più di settemila volumi e si capirà la portata di questo Centro che da marzo offrirà a tutti la possibilità di trascorre un tempo di studio e di relax tra le mura di uno dei palazzi storici più belli della città, di proprietà di quel grande intellettuale che fu Giuseppe Minerbi responsabile della sezione di Italia Nostra di Ferrara a cui Bassani dedica la prima edizione dell’Airone.
Giuseppe Minerbi affidò a una grande archistar del Novecento, Piero Bottoni, la sistemazione della quattrocentesca casa Del Sale in cui si può ammirare uno dei più bei cicli d’affreschi del tempo. Il rapporto tra i luoghi e i suoi abitanti si fa stringente: Minerbi, Bassani, Paolo Ravenna, il figlio del podestà ebreo. E quasi a ribadire quello stretto legame tra ebrei che sono prima di tutto intellettuali e italiani, a seguire l’apertura del Centro si è svolta la cerimonia della dedicazione di una piazzetta titolata a Paolo Ravenna nel luogo più carismatico di Ferrara, la via degli Angeli ora Corso Ercole I d’Este dove Bassani collocò il giardino del suo romanzo più famoso. Paolo Ravenna è stato amico e allievo di Giorgio Bassani. Un intellettuale che ha svolto il suo mestiere di avvocato privilegiando l’aspetto culturale della sua professione, prodigandosi in campagne culturali prodotte da Italia Nostra che hanno fatto il giro del mondo: da quella sul restauro delle mura ferraresi a quella del cimitero ebraico, agli studi sulla Sinagoga dei Sabbioni, alla rivelazione delle lapidi delle tombe ebraiche divenute materiale per la costruzione della colonna su cui si erge la statua del duca nell’Arco del cavallo pensato dal grande architetto Leon Battista Alberti per l’ingresso al palazzo degli Estensi.
Sembra quasi che una stella benigna presiedesse a questo 19 gennaio 2018 poiché nello stesso pomeriggio si è svolta la riunione di studio del comitato nazionale per la commemorazione della morte del più grande architetto ferrarese, Biagio Rossetti.
Il giorno seguente si è poi inaugurato il Mof restaurato, l’antica sede del mercato ortofrutticolo ornato da bellissimi affreschi del pittore bondenese Galileo Cattabriga. E qui il cerchio si chiude. Alla scuola di Cattabriga studiarono pittura Paolo Ravenna e Jenny Bassani Liscia, sorella dello scrittore. Ma implicitamente quel luogo mi ha coinvolto personalmente. Il direttore del Mof, dottor Cocchi, sposò l’amica più cara di mia madre, Clinia, proprietaria con le sorelle di un piccolo negozio unico nel suo genere proprio alla fine della via Mazzini, la via principale del Ghetto. Il negozio, una profumeria si chiamava ‘Il piccolo Parigi’ e i miei ricordi infantili evocano sulla toilette di mamma un profumo dalla bottiglia bellissima, blu cobalto. Il profumo si chiamava ‘Soir de Paris’ e ancora ne ricordo l’aspetto. Così come ricordo i tempestosi giochi con i figli di Clinia e mio fratello, che facevano risuonare di vita le figure stupefatte degli affreschi di Cattabriga.
Potenza della memoria che mi ammonisce ancora una volta che per conoscere Ferrara l’unica possibilità è quella di uscire dalle sue mura per tornarvi solo e con un passato che, escludendola, la riconquista.
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Gianni Venturi
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