Ha settant’anni, ma non sembra invecchiata di un giorno: è sempre attuale, anche perché non è ancora attuata in tutti i suoi 30 articoli. È la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948 a Parigi.
Anche a Ferrara, associazioni e cittadini si sono ritrovati lunedì alle 18.30, in contemporanea con altre ottanta città italiane, per accendere candele e augurare buon compleanno alla Dichiarazione che sancisce che “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti”.
Quelle luci però sono anche un monito: “A oggi, non uno degli stati firmatari ha riconosciuto ai cittadini tutti i diritti che si era impegnato a promuovere. Nel nostro paese, la negazione nella pratica di questi diritti sta facilitando la diffusione di nuove forme di razzismo, la solidarietà è considerata reato, l’odio per il diverso prevale sullo spirito di fratellanza, l’aiuto viene tacciato di buonismo. Oggi più che mai è urgente recuperare quei principi di umanità e di convivenza civile che sono alla base della Dichiarazione e che la retorica della paura sta cercando di smantellare”. (leggi QUI l’appello delle organizzazioni promotrici e l’elenco delle associazioni e realtà che hanno aderito).
Nell’Italia che il rapporto del Censis ha appena descritto come in preda al “sovranismo psichico: dopo il rancore, la cattiveria”. Nell’Italia che ha visto, una volta di più, un atto vandalico contro le Pietre d’Inciampo: venti Pietre sono state sradicate dal marciapiede del Rione Monti a Roma nella notte fra il 9 e il 10 dicembre, proprio come a suo tempo le famiglie Di Castro e Di Consiglio – cui erano intitolate – furono sradicate dalla loro città per essere deportate nel 1943. Nell’Italia che Amnesty, nel rapporto uscito proprio in occasione dell’anniversario del 10 dicembre, descrive con queste parole: “nel 2018 il nuovo governo italiano insediatosi a giugno ha infatti deciso di assicurare e spettacolarizzare il blocco di nuovi arrivi di persone straniere via mare, fino a impedire a una nave della guardia costiera italiana, la Diciotti, di sbarcare in Italia persone soccorse in mare, trattenendole per giorni senza una base legale o un ordine della magistratura. Oltre a violare la proibizione di detenzione arbitraria ai danni di 177 persone, l’incidente della Diciotti ad agosto ha rappresentato il culmine della politica dei “porti chiusi”, che il governo ha attuato senza averla deliberata né formalmente comunicata alle autorità competenti e senza riguardo né per la salute e la sicurezza delle persone coinvolte, né per i propri obblighi internazionali”.
In questa Italia c’è bisogno di luce, per ritrovarsi e guardarsi volto nel volto, contarsi e convincersi che ‘buonista’ non è (più) un’offesa, ma una bandiera; una bandiera sotto cui riunirsi per riuscire a costruire una società più giusta, basata sui principi dell’uguaglianza e della solidarietà.
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Federica Pezzoli
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