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 “Ferrara mantiene viva la memoria di Yaya Yafa, il giovane guineano residente nella città estense vittima di un infortunio mortale all’Interporto di Bologna, e chiede per lui, ultima vittima del lavoro deregolato e precario, giustizia.

Lo fa con un corteo, in programma sabato pomeriggio, organizzato dai suoi amici, dall’associazione Cittadini del mondo e dalla comunità africana di Ferrara. L’appuntamento è alle 15, in piazzale Giordano Bruno per sfilare fino a piazza Municipale.
Cgil e Uil hanno già dichiarato la loro adesione.

“Yaya stava lavorando nella logistica, spostando merci che devono arrivare sempre più in fretta e sempre più a buon mercato: paghe basse e sfruttamento alto – osservano gli organizzatori della manifestazione -. Ci dicono che tutto questo serve per renderci la vita più agevole, più comoda e più sicura. La verità è che il suo posto di lavoro evidentemente non era sicuro, non era tutelato dalle norme di sicurezza. Nei primi 7 mesi del 2021 in Italia sono morti 677 lavoratori, da quando è morto Yaya, una settimana fa, altre 3 persone sono morte sul lavoro solo in Emilia Romagna. La sicurezza costa, sappiamo tutti che molti datori di lavoro per aumentare il loro profitto mentono e imbrogliano sulle norme della sicurezza. Le prime vittime, ma non le uniche, di questo imbroglio sono i lavoratori migranti, quelli meno inseriti, quelli più indifesi, più ricattabili, per la scadenza del permesso di soggiorno, la richiesta di asilo, il permesso umanitario e tutti gli altri documenti richiesti”.

Torniamo in piazza per denunciare un sistema malato fondato su precarietà, compressione dei costi, disinvestimento, sfruttamento, di cui è figlio l’infortunio mortale che ha colpito il nostro concittadino – dicono Cgil e Uil -. È necessario dare prosieguo alle iniziative per riporre al centro la salute e sicurezza sul luogo di lavoro. Va contrastata e repressa ogni forma di violazione di norme e contratti, ma soprattutto e ancor prima è necessario affermare un nuovo modello sociale ed economico, mettendo fine alla precarietà dilagante sul lavoro e superando leggi sull’immigrazione, come la Bossi-Fini, che rendono ancor più ricattabili lavoratori e lavoratrici stranieri. Da sempre la discriminazione giuridica è funzionale a quella economica e sociale, rendendo possibile il massimo sfruttamento lavorativo dei migranti da parte di datori di lavoro interessati solo al profitto facile e alla mercificazione del lavoro; peggiorando così le condizioni di larga parte del mondo del lavoro.
Lavoratori e lavoratrici – concludono i sindacati – devono essere uniti in questa battaglia per la dignità del lavoro e della persona”

Cgil, Anpi, Udi, Centro Donne e Giustizia, Arci

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