FERRARA: INVECE DI RIAPRIRE…
Chiude il Museo del Risorgimento e della Resistenza
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Dal Portale Turistico, Terra e Acqua, della Provincia di Ferrara si apprende che il Museo del Risorgimento e della Resistenza rimarrà chiuso fino a data da destinarsi. I locali al piano terreno del palazzo dei Diamanti devono essere sgombrati per far posto alla biglietteria e al bookshop.
La nuova sede alla Casa della Patria non è ancora pronta e ci si dovrà adattare per il momento negli spazi di Porta Paola, dove sarà possibile consultare i documenti, mentre il materiale espositivo sarà conservato nei magazzini comunali. Pare che la collocazione provvisoria durerà anni, visto che la ristrutturazione della Casa della Patria neppure è iniziata e quando prenderà avvio sarà lunga.
In realtà la notizia l’apprendo da un whatsapp di amici, che mi invitano a condividere un lungo appello contro la chiusura del museo, evidenziandone l’intensa attività sul territorio, soprattutto a favore delle scuole. Un prezioso interlocutore della didattica scolastica capace di arricchire i curricoli e di promuovere le uscite sul territorio. Non dunque un ‘mausoleo’, ma una struttura dinamica, creativa, impegnata ad ampliare la propria offerta come dovrebbero fare tutte le istituzioni culturali. Chiudere un museo, che etimologicamente è il luogo sacro alle Muse, è come compiere un sacrilegio. In questo caso un sacrilegio contro l’intensa rete di rapporti con associazioni, istituti culturali e istituti scolastici, che la direzione del museo in tanti anni di lavoro è riuscita a costruire, come un prezioso patrimonio che è andato ben oltre il tessuto cittadino.
La legge regionale dispone che i “musei e i beni culturali costituiscono sistemi integrati sul territorio, che interagiscono e cooperano con gli altri istituti culturali per garantire la più diffusa conoscenza del patrimonio culturale e per promuovere la sua funzione educativa…”. Se per allargare gli spazi espositivi del palazzo dei Diamanti si sacrifica un museo come fosse una ‘Cenerentola’, è evidente che il sistema integrato disposto dalla legge viene meno nella sua compiutezza e nelle sue finalità, in particolare quelle peculiarmente educative del Museo del Risorgimento e della Resistenza.
Si smaglia un nodo di quella rete indispensabile per una città che apprende, per una città della conoscenza, condizione necessaria per essere una città della cultura non solo a parole. Ma questo è un orizzonte che neppure è preso in considerazione dai nostri amministratori, sempre più impegnati a commercializzare l’arte e la cultura anziché promuoverne la produzione.
Bel risultato per un assessorato che si intitola, con enfasi antropologica, alla “Civiltà ferrarese”!
C’è un deficit di cultura in chi pensa di saperla amministrare e di avere le chiavi della sua diffusione, che sarà pure diffusione, ma non certo mobilitazione di saperi e di conoscenze, ancora la cultura statica delle esposizioni, come se i grandi Expo agli esordi del ‘900 non fossero mai finiti e fosse necessario continuare a riprodurli in piccolo.
Così non si riesce a misurare il danno che si produce, innanzitutto nei confronti della propria comunità, col chiudere un museo che ne conserva la storia e l’identità. Chiusura che difficilmente si sarebbe compiuta, se avesse comportato una grande perdita dal punto di vista dei biglietti strappati.
Per fortuna l’avvio del Sistema Museale Regionale sembra andare nella direzione di promuovere i musei come luoghi della conoscenza, della costruzione del pensiero critico e creativo. Almeno le parole recentemente pronunciate dalla presidente dell’ICOM, il comitato italiano dell’International Council of Museums confortano in questa direzione, promettono l’attivazione di processi educativi innovativi, di processi di solidarietà territoriale.
Di questa solidarietà, del patto educativo tra scuola e territorio è stato promotore fino ad oggi il Museo del Risorgimento e della Resistenza, assai prima che la Commissione presieduta dal nostro concittadino, professor Patrizio Bianchi, indicasse i patti educativi tra scuola e territorio come strumento per affrontare la ripresa scolastica in regime di Coronavirus.
Da anni il Museo del Risorgimento e della Resistenza, l’Istituto di Storia Contemporanea, le associazioni dei partigiani a partire dall’Anpi, il Comitato Scuola Costituzione collaborano entrando nelle nostre scuole a dialogare con le nostre ragazze e i nostri ragazzi, grandi e piccoli, compiendo un lavoro di formazione di enorme importanza soprattutto oggi. Conoscenza della Costituzione, formazione alla cittadinanza consapevole e responsabile che nasce dal sentirsi partecipi di una storia ed eredi dei valori conquistati, da chi per quei valori ha combattuto sacrificando la propria vita.
Ma questo non può eludere la domanda su come la nostra amministrazione locale intenda rispondere alla richiesta di patto educativo formulata dalla commissione del professor Bianchi, che non può certo esaurirsi nella fornitura di banchi o nell’abbattimento di tramezze per fare più spazio.
Aver chiuso il Museo del Risorgimento e della Resistenza è l’espressione della assenza di sensibilità nei confronti della formazione dei nostri giovani, delle attività costruite nel corso degli anni con grande intelligenza da un’istituzione culturale della città. È grave che nessuno abbia pensato che una delle conseguenze sarebbe stata quella di impoverire le occasioni di apprendimento dei nostri studenti, di privarli di uno spazio che avrebbe potuto dilatare le loro aule senza la necessità di abbattere muri. Ma tutto questo è lontano mille miglia dalla cultura dei nostri amministratori.
La cosa appare ancora più miope e stupida se si pensa che dal prossimo settembre prenderà l’avvio l’insegnamento dell’educazione civica nelle nostre scuole e che verrà a mancare ai nostri studenti un prezioso alleato per la loro crescita.
Se chiudere un museo è sempre un sacrilegio perché si impoverisce un territorio, lo è ancora di più quando ad essere più poveri saranno le scuole e i loro studenti, ma evidentemente qualcuno considera più importante la biglietteria del palazzo dei Diamanti.
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Giovanni Fioravanti
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