Democrazia, come tutti ben sappiamo, significa potere del popolo. E ieri sera allo spazio Grisù si è svolto un inedito esperimento che ha coinvolto oltre 100 persone di ogni età e differente condizione sociale che si sono presentate rispondendo a un appello circolato su Facebook nei giorni scorsi dal titolo “La città che vogliamo”: un appuntamento per il quale sul social network in 718 avevano manifestato virtualmente interesse.
Spazio Grisù si trova nell’ex caserma dei pompieri. Alimentare – attraverso l’ascolto e il confronto – il fuoco della politica e spegnere le fiamme che stanno rendendo incandescente il conflitto sociale è l’obiettivo degli autoconvocati. Il numero dei partecipanti alla serata, che si è svolta in “sala macchine” (altra significativa allusione), è importante e indicativo di un bisogno reale, non sopito. Le modalità che hanno orientato la svolgimento dei lavori sono quelle che tipicamente si definiscono espressione della democrazia ‘dal basso’: tavoli tematici attorno ai quali far circolare idee e proposte, senza gerarchie, secondo il principio che ogni testa e ogni parola conta, è preziosa e merita attenzione. A pronunciare la breve introduzione è il giovane avvocato Federico Battistini. “Un ‘cittadino’, serio, onesto, integro” lo definiscono gli organizzatori, una ventina, appartenenti a vari mondi riconducibili principalmente agli ambiti del volontariato e dell’associazionismo. Segue una spiegazione tecnica di Elena Bertelli (che opera nel campo della comunicazione) circa le modalità di lavoro e interlocuzione. E poi si procede con la formazione di tre gruppi di discussione tematica: su educazione, cultura e integrazione; su sanità e servizi al cittadino; e su territorio, ambiente e agricoltura.
Il confronto è fluito serrato ed è stato vivacemente e rispettosamente partecipato. Allo scadere del tempo assegnato ogni circolo, attraverso un proprio portavoce, ha riferito agli altri il senso della discussione e le proposte emerse. Obiettivo implicito, ma non apertamente dichiarato: definire i prodromi di un programma di governo per quel che il manifesto della convocazione definisce “la città che vogliamo”.
Insomma, ci siamo: prove tecniche di democrazia che si sviluppa dal basso attraverso la costruzione di un programma che scaturisce dai bisogni che i cittadini avvertono e che tiene conto dei loro orientamenti e delle soluzioni condivise.
Non è la prima volta in assoluto che qualcosa del genere succede, ma con queste modalità, negli anni recenti, è forse la prima volta per Ferrara; ed è particolarmente significativo che questo accada oggi, in vista di un appuntamento elettorale il cui esito appare quantomai incerto, a fronte della virulenta avanzata del fronte populista che, anche in città, alle ultime consultazioni, ha marcato una forte crescita e ha visto il contemporaneo declino del partito, il Pd, formalmente erede della tradizione di coloro che da sempre hanno governato.
E’ un seme, quello piantato ieri nel cuore del Gad, il quartiere simbolo della frizione civica; forse un germoglio. Lo spirito positivo e propositivo e la voglia di mettersi in gioco non mancano. Qualcuno, certo, oggi sorriderà per questa impresa naïf, ma domani potrebbe cambiare espressione.
Il grande Bernard Russel ci ricorda che “gli innocenti non sapevano che la cosa fosse impossibile, dunque la fecero”.
Sostieni periscopio!
Sergio Gessi
Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it