da: Don Massimo Manservigi
“Il ricordo dei Caduti via per costruire libertà, uguaglianza e fraternità”
Testo integrale dell’omelia di S.E. Mons. Gian Carlo Perego, Arcivescovo di Ferrara-Comacchio
Onorevoli autorità, cari fratelli e sorelle, mai come quest’anno il tema della morte e il ricordo dei Defunti vive di una drammatica attualità e prossimità, quale la pandemia ci ha abituato. Al tempo stesso, mai come in questi mesi la morte improvvisa di cari e di amici ci ha resi consapevoli di una creaturalità che sente il bisogno di guardare in alto, al Creatore, perché guardando solo in basso la paura aumenta e la nostra disperazione si fa più grave.
Per questo sentiamo il bisogno oggi di ricordare tutti i defunti, in questo cimitero dove riposano in pace i nostri cari, uniti anche ai morti per la violenza, ai Caduti di ogni guerra, alle morti innocenti, alle morti di ogni età e condizione, a cui si aggiungono in particolare le migliaia di morti di un male che ci ha travolto e che ha raggiunto anche il nostro territorio, la nostra città con ormai 200 morti improvvise. Il nostro ricordo dei Defunti e dei Caduti è unito alla preghiera al Signore, morto come noi e risorto per noi, e all’ascolto della Parola di Dio per trovare parole di speranza.
La pagina di Giobbe che abbiamo ascoltato ci ricorda che Dio è il Signore della vita: della vita che nasce, che cresce e che muore; della vita presente e della vita futura. Questa consapevolezza ci rende capaci di dire con Giobbe che allora la nostra vita, anche quando sarà strappata, privata della sua carne, non perderà la capacità di contemplare, di vedere Dio. Vita e morte camminano insieme nella storia dell’uomo, ma a trionfare sarà la vita, la vita con il Signore. E’ questa la speranza cristiana, ci ricorda l’apostolo Paolo, una “speranza che non delude”, perché fondata sull’amore di Dio che si è riversato su di noi, fino a regalarci suo Figlio che ha dato la sua vita per noi e lo Spirito per essere capaci di ‘vedere Dio’ nella storia di ogni giorno. Questo amore di Dio è efficace, perché ci ha riconciliati, cioè ci ha reso fratelli e non più nemici tra noi. Guardando alla morte di Gesù noi contempliamo questa grazia di un mondo riconciliato, fraterno che possiamo e dobbiamo costruire, nonostante sia segnato da violenze, guerre che in ogni stagione della storia umana, attraverso i numerosi morti, ci ricordano i limiti, i peccati dell’uomo, ma non dissolvono le capacità, le possibilità dell’uomo di costruire una sola famiglia umana. Papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti ci ricorda proprio questo: il mondo è una sola barca nella quale navighiamo tutti insieme, tra le acque calme o tempestose. E questa stessa barca ci ricorda la necessità della comune libertà da difendere da violenze e persecuzioni – come hanno fatto i nostri caduti che ricordiamo oggi -, della uguaglianza da costruire contro ogni forma di esclusione e discriminazione, della fraternità come storia economica, sociale e politica di condivisione. Le parole di Papa Francesco su questi tre principi cristiani su cui si fonda la Democrazia moderna sono particolarmente significative. La minaccia alla libertà anzitutto. “La persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio, con la forza, l’inganno o la costrizione fisica o psicologica viene privata della libertà, mercificata, ridotta a proprietà di qualcuno; viene trattata come un mezzo e non come un fine – scrive Papa Francesco. Le reti criminali utilizzano abilmente le moderne tecnologie informatiche per adescare giovani e giovanissimi in ogni parte del mondo. L’aberrazione non ha limiti quando si assoggettano donne, poi forzate ad abortire. Un atto abominevole che arriva addirittura al sequestro delle persone allo scopo di vendere i loro organi. Tutto ciò fa sì – continua il S. Padre – che la tratta di persone e altre forme di schiavitù diventino un problema mondiale, che esige di essere preso sul serio dall’umanità nel suo insieme, perché come le organizzazioni criminali utilizzano reti globali per raggiungere i loro scopi, così l’azione per sconfiggere questo fenomeno richiede uno sforzo comune e altrettanto globale da parte dei diversi attori che compongono la società” (F.T. 24) conclude Papa Francesco. La minaccia oggi è anche all’uguaglianza: “Guerre, attentati, persecuzioni per motivi razziali o religiosi, e tanti soprusi contro la dignità umana vengono giudicati in modi diversi a seconda che convengano o meno a determinati interessi, essenzialmente economici. Ciò che è vero quando conviene a un potente, cessa di esserlo quando non è nel suo interesse. Tali situazioni di violenza vanno moltiplicandosi dolorosamente in molte regioni del mondo, tanto da assumere le fattezze di quella che si potrebbe chiamare una “terza guerra mondiale a pezzi”. Questo non stupisce se notiamo la mancanza di orizzonti in grado di farci convergere in unità, perché in ogni guerra – scrive il Papa – ciò che risulta distrutto è lo stesso progetto di fratellanza, inscritto nella vocazione della famiglia umana, per cui ogni situazione di minaccia alimenta la sfiducia e il ripiegamento. Così, il nostro mondo avanza in una dicotomia senza senso, con la pretesa di garantire la stabilità e la pace sulla base di una falsa sicurezza supportata da una mentalità di paura e sfiducia” (F.T. 25-26).
Onorevoli autorità, cari fratelli, lo sguardo alle violenze, allo sfruttamento nelle sue diverse forme, agli attacchi alla libertà e alla giustizia, l’impegno per costruire un mondo fraterno fondato sulla Passione, morte e risurrezione di Gesù che riviviamo in questa Eucaristia ci aiuta a non perdere il ricordo dei nostri Caduti e a rinnovare una coscienza storica che ci fa dire ad alta voce la supplica di San Giovanni Paolo II nel 1991: “mai più la guerra, avventura senza ritorno, mai più la guerra, spirale di lutti e di violenza”. Così sia.

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