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“Il problema dell’Europa è che non ha un’identità specifica e condivisa; starci è una scelta che si fa per paura” e questa adesione poco convinta determina la fragilità delle istituzioni comunitarie. A sostenerlo è Ilvo Diamanti, analista politico noto al grande pubblico anche per le sue frequenti apparizioni televisive: “Esiste un Parlamento europeo, ma è periferico dal punto di vista politico – spiega – mentre il governo dell’Unione continua a essere ostaggio delle mediazioni fra i vari governi nazionali”. Per questo “i nemici della costruzione dell’Europa non sono solo i nazionalismi”, ma l’interferenza reciproca fra istituzioni nazionali e istituzioni europee.
Proprio lunedì, nelle sue ‘mappe’ su Repubblica, aveva definito Matteo Renzi “il premier euro-tattico”, in riferimento alla recente querelle che ha opposto presidente del Consiglio italiano al presidente della Commissione europea Juncker: la strategia comunicativa di Renzi seguirebbe “una precisa logica di marketing politico” volta a “sottrarre il tema (anti)europeo ai principali avversari” e nello stesso tempo, ad “allargare i confini del proprio ‘mercato elettorale’.
E al “premier euro-tattico” è ritornato, allargando il ragionamento: perché il problema – a suo dire – è che le forze politiche e soprattutto i governi nazionali hanno bisogno del consenso e l’antieuropeismo viene usato “come strumento per creare consenso nell’opinione pubblica” in una continua rincorsa al peggio. “Non ci fidiamo più dei progetti che noi stessi abbiamo creato” e quindi “ci affidiamo ad ‘anti-progetti’, come l’anti-politica” che “utilizzano come bersaglio polemico tutte i riferimenti della nostra vita e delle nostre istituzioni democratiche”. Ma quale futuro possiamo immaginare? “Fino a che l’Europa è un progetto immaginario, un’ipotesi utilizzata sempre di più in senso negativo, non abbiamo molto da sperare”.

Ilvo-Diamanti
Ilvo Diamanti

L’intervento di Diamanti è stato propiziato dalla conferenza “L’Europa e la sindrome anti-europea”, incontro organizzato dal Comitato provinciale “Ferrara per la Costituzione” in collaborazione con la sezione locale del Movimento Federalista Europeo lunedì al Ridotto del Teatro Comunale di Ferrara. Nel corso della sua esposizione ha cercato di rispondere a due domande di fondo: “perché esiste una questione europea” e se “gli europei vogliono l’Europa”.
“Fino alla moneta comune”, ha sostenuto il professore, “il 71% della popolazione italiana era a favore dell’Europa, significa quasi tre persone su quattro. Poi si è passati al 60% nel 2002, al 57% nel 2007”, fino a scendere “al 36% nel 2011 e al 28-30% di oggi, meno di un terzo degli italiani: meno della metà rispetto al dato iniziale” (vedi le tabelle dell’indagine Demos sulla fiducia nell’Unione Europea). Siamo così divenuti “i meno europeisti nella vecchia Europa”, cioè fra i Paesi che fin dall’inizio hanno creduto e costruito il progetto e il sogno di un’Europa unita. Ciò però non significa che gli italiani siano contrari all’Europa perché, specifica Diamanti, “solo il 10%” pensa che bisognerebbe uscirne: Il resto? Il resto dice ‘Non ci piace, ma uscirne è rischioso’”. E gli italiani ‘prudenti’ sono in buona compagnia: anche in Francia, Germania e Spagna la metà circa della popolazione, pur non avendo fiducia nell’Unione, pensa che abbandonare l’Europa sia rischioso.
Ecco perché secondo Ilvo Diamanti siamo “una sorta di ‘europei nonostante’: ci stiamo malgrado tutto”. “Ma si può costruire un’identità sul ‘non si sa mai’?”, si chiede il professore. Il male italiano è un riflesso del ‘peccato originale’ dell’Europa così come si è venuta strutturando dal secondo dopoguerra: la mancanza di un demos europeo, un’identità condivisa, perché “per sessant’anni si è affidato il compito di costruire l’Europa all’economia e al mercato”.
Nel frattempo la geopolitica mondiale è cambiata: il Muro è caduto e abbiamo “riscoperto la divisione Nord-Sud”, all’interno dell’Europa, ma anche e ora soprattutto nel mondo: “dobbiamo fare i conti con il Sud e dobbiamo decidere come”, afferma Diamanti evocando il tema migranti e rifugiati, sul quale certo le istituzioni europee non hanno dato e non stanno dando il meglio di loro, che si sia a favore o contro l’accoglienza. Proprio su questo terreno un’identità europea condivisa potrebbe e dovrebbe fare la differenza, perché costituirebbe un “noi plurale” che ci costringerebbe, ma allo stesso tempo ci permetterebbe di negoziare con un mondo più ampio. In ogni caso “l’Europa – afferma con convinzione Diamanti – ci ha garantito 70 anni di pace. E già questo è un motivo sufficiente per sostenerla”.

Ascolta l’audio dell’intervento di Ilvo Diamanti

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Federica Pezzoli



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