Il telefono squilla nel cuore della notte e mi sveglia: dannazione! Un’occhiata fugace sul comodino, sono le 2:04. Chi sarà?
Cerco la vestaglia, inforco gli occhiali, infilo le pantofole, arrivo un po’ trafelato al telefono ma ora non squilla più. Utente sconosciuto. Torno a letto. E adesso, chi riprende più sonno? Mi chiedo ancora confuso e stralunato chi potrebbe aver chiamato: un uomo o una donna? un astronauta che si sente solo oppure magari un sergente che mi cerca…? Non ho alcuna risposta, probabilmente sarà stato un errore. Però quella persona ha fatto squillare almeno tre-quattro volte, forse cinque.
Quindi era qualcuno che voleva proprio parlare con qualcun altro, forse con me: dopo alcuni squilli potrebbe aver cambiato idea oppure ha ragionato sul fatto che fossero quasi le tre di notte. In realtà io non aspetto nessuna chiamata urgente o dall’altra parte del mondo, perciò posso anche rimettermi a dormire.
Ma ora lentamente nella mia memoria assonnata riaffiorano pensieri e ipotesi su tante persone che potrebbero avere motivo di chiamarmi da altre città, paesi, pianeti o dimensioni, anche di notte, soprattutto di notte. Fantasmi assopiti nella mia mente semi-sveglia: nessuno di loro mi fa paura, anzi con tutti vorrei parlare per chiarire qualcosa e raccontare cose non-dette. Così ritornano in superficie anche innumerevoli memorie quasi dimenticate, bollicine con la coda come le note di una lontana serenata, oppure veloci comete, di quelle che lasciano una traccia luminosa nel cielo. Alcuni pensieri sono dolci e piacevoli, avvolti da un alone colorato come stelle di un’aurora boreale, altri pungenti e duri come i diamanti che rigano i ricordi vetrificati. Ma spesso sono sfocati e ossidati dal tempo, ruggine che fa cigolare i cardini della porta della mia memoria.
Verso le tre arrivo a una conclusione: se il telefono non squilla più vuol dire che si è trattato semplicemente di un errore o di un banale contatto, se risquilla invece devo assolutamente rispondere. E così finalmente riprendo sonno.
All’improvviso squilla ancora il telefono, sono le 4:02: mi catapulto giù dal letto scatenando una folle tachicardia di cui non capisco il motivo, e rischiando fratture multiple arrivo fino al mobile su cui ho appoggiato il telefono, che la mia mano afferra prima del secondo squillo. Ma non risponde nessuno: solo un lontano suono acuto, che ricorda il cigolìo di un cancello che si chiude, oppure che si apre, chi può dirlo. Poi la linea si interrompe con un rumore secco, come quello di una porta sbattuta dal vento.
Ritorno a dormire. Mi sveglio con il suono della radiosveglia alle ore 7:00 e le note di una canzone di Joan Baez*: soltanto allora incomincio a capire chi fosse dall’altra parte del telefono.
*) Joan Baez: Diamonds and Rust [Qui]
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Francesco Facchiano
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