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Da Lega Nord Emilia-Romagna

Non bastava la scelta di qualche direttore didattico troppo “laicista” di glissare sulle celebrazioni del Natale a scuola, magari proibendo la visita al Vescovo per la benedizione degli studenti. Adesso, la nuova moda è quella di insegnare l’arabo negli istituti scolastici, in nome di un buonismo di maniera e di un’integrazione a tutti i costi che ha mandato su tutte le furie il Carrocci. «Parlando di una diffusione delle lingua araba nelle scuole, promettendo con questo un processo di integrazione agevolato – attacca il capogruppo regionale della Lega Nord, Alan Fabbri – ma possiamo essere certi che il tutto fa parte di un progetto più ampio, che sta cercando di fare sempre più della cultura e religione islamica gli elementi egemoni della nostra società». La Ln naturalmente non starà a guardare, mentre si compie tutto questo. Immediata, ieri (11 ottobre) è partita un’interrogazione urgente inoltrata da Alan Fabbri all’Assemblea legislativa. Per capire quali siano i sottesi obiettivi della scelta della direzione didattica dell’Istituto comprensivo “Cosmé Tura”, alle porte di Ferrara, che ha incluso lezioni di arabo in un programma didattico che riguarda anche Urdu e inglese. Promosso, manco a dirlo, dall’ufficio di integrazione scolastica del Comune di Ferrara, dal laboratorio di didattica dell’arabo dell’università Cà Foscari di Venezia, oltreché dalla cooperativa ‘Il Germoglio’ e dal centro comunale ‘Elefante blu’. «Per anni ci è stato detto che la scuola è un veicolo di integrazione, dove i giovani stranieri imparano l’italiano, la Costituzione e le nostre tradizioni. Ora, assistiamo al progetto contrario: in nome dell’ossessione che la sinistra ha per il tema dell’integrazione, dobbiamo assistere mentre i nostri studenti sono costretti a seguire lezioni di arabo. E’ una cosa incredibile e vogliamo vedere a fondo in tutta questa vicenda. Se il progetto – continua Fabbri – fosse stato proposto in un istituto ad indirizzo commerciale, potremmo intravvedere l’obiettivo per gli studenti di imparare la lingua per futuri scambi economici con i Paesi arabi. Stando così le cose, invece, non si capisce il senso di questo progetto didattico: chi paga questa balzana idea e qual è lo scopo? Perché per integrare cittadini islamici dobbiamo essere costretti a parlare noi la loro lingua, in Italia? Chiederemo all’assessore regionale all’istruzione, Patrizio Bianchi, di venire in aula a spiegarci le ragioni di una scelta tanto inopportuna e discutibile».

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