Di: Movimento 5 stelle Ferrara
La recentissima espulsione del muratore albanese, rapidamente radicalizzatosi a Vigarano Mainarda, simpatizzante jihadista , sta suscitando un ampio dibattito sulla stampa locale ma non desta certo sorpresa a livello nazionale, poiché si inserisce in una lista di un centinaio di decreti di espulsione firmati dal Ministro dell'Interno (48 solo nel 2016, più di cento nel 2015). Il M5S ha una visione molto chiara e pragmatica sul tema del rapporto fra le comunità islamiche presenti sul nostro territorio e le comunità locali. Così come chiara è la posizione sui rischi di derive jihadiste, radicalizzazioni islamiste e successive espulsioni. Tale posizione, che riassumiamo brevemente, deriva anche da una serie di incontri che il M5S ferrarese ha autonomamente organizzato con i rappresentanti ufficiali delle due maggiori comunità islamiche presenti sul nostro territorio, il Centro di Cultura Islamico di via Traversagno e L’Associazione Pakistana Ferrarese che ha come riferimento la “moschea” di via Oroboni, entrambi utilizzati anche come luoghi di culto. Siamo convinti che dal dialogo diretto e dall’incontro nasce la consapevolezza reciproca dei meccanismi e delle difficoltà da affrontare nel processo di integrazione. La nostra posizione è facilmente riassumibile: siamo favorevoli al processo di integrazione ed inclusione di tutte le comunità straniere presenti sul nostro territorio, incluse le comunità islamiche, e ci attiviamo politicamente per facilitare gli obiettivi di integrazione specificati negli atti costitutivi e negli statuti delle associazioni aderenti al “Consiglio delle Comunità Straniere” , istituito presso L’Assessorato alla Salute e Servizi alla Persona del Comune di Ferrara. Proprio perché il dialogo con le comunità islamiche è particolarmente delicato e si presta a facili manipolazioni culturali, religiose ed ideologiche, abbiamo deciso di incontrare referenti, attivisti e imam delle comunità islamiche locali, senza mediazioni o filtri ideologici e tanto meno prevenzioni o pregiudizi. Abbiamo preso coscienza che uno dei principali problemi da affrontare sulla via dell’integrazione è il fattore linguistico. Molti immigrati mussulmani non solo hanno serie difficoltà di interagire con la lingua italiana, ma soffrono di analfabetismo anche nei confronti della lingua di provenienza. La maggioranza dei pachistani (di lingua Urdu) non hanno dimestichezza con l’arabo e si avvalgono di traduttori che sintetizzano in italiano. Abbiamo appreso dalla voce di un imam che i primi a beneficiare di funzioni religiose svolte in lingua italiana sarebbero proprio gli appartenenti alle comunità islamiche, che non si oppongono. E' per questo che in molti paesi – più avanzati dell’Italia sulle strategie di integrazione – si richiede che i corsi della lingua del paese di destinazione si svolgano già nel paese di provenienza. L’Italia si sta attrezzando poichè parte dei 38 euro giornalieri per immigrato, stanziati con fondi Sprar alle “solite e note cooperative”,viene infatti utilizzata per corsi di lingua italiana in loco. Siamo quindi favorevoli all’implementazione delle funzioni religiose in lingua italiana, anche per rendere le comunità islamiche più aperte, inclusive e monitorabili nei confronti di infiltrazioni jihadiste o derive di radicalizzazione dovute ai cosiddetti “imam fai da te”. Naturalmente ciò dovrebbe inserirsi in un processo di regolamentazione dei luoghi di culto islamici e poichè la Costituzione italiana prevede la libertà di culto, sarebbe opportuno disciplinare la natura giuridica delle moschee, con vincoli logistici, linguistici e di sicurezza che, nelle migliaia di garage ed ex officine usati ora nel nostro paese come luoghi di culto, non sono facilmente controllabili. Per tornare all’espulsione dell’albanese radicalizzato Hidri Saimir, ci dichiariamo pienamente favorevoli ad un decreto di espulsione, se basato su solide basi indiziarie. Siamo ben consapevoli che la lotta al terrorismo islamico deve concretizzarsi soprattutto per la prevenzione di possibili attentati che spesso sono la conseguenza di un percorso di radicalizzazione. La frequentazione assidua e scientemente attuata su internet di siti vicini al radicalismo islamico che diffondono propagande jihadiste e “imprese” dell’Esercito Islamico, mal si concilia con gli obiettivi di integrazione sopra menzionati e costituisce non solo un insulto alla nostra cultura ma anche una minaccia potenziale alla nostra sicurezza e incolumità.
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