ESCLUSIVA
Parla il progettista dei grattacieli: “Abbattere le torri? Una scorciatoia a un problema complesso”
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In mezzo alle tante polemiche che ruotano attorno al grattacielo, abbiamo pensato di andare a cercare chi lo aveva progettato proprio sessant’anni fa, per capire quali erano le intenzioni iniziali.
Tutto pare essere nato, così riporta Lucio Scardino nel suo “Itinerari di Ferrara Moderna”, dalla tesi di laurea Una casa a torre nella città di Ferrara discussa a Zurigo dall’architetto ferrarese Gian Carlo Capra. I lavori vennero affidati all’impresa Armando Anzempamber, che incaricò due architetti romani, Luigi Pellegrin e Sergio Delle Fratte, della rielaborazione progettuale dell’idea iniziale.
Di quel gruppo oggi sembra essere sopravvissuto solo Sergio Delle Fratte, che ha 92 anni e vive a Roma con la moglie Vittoria di 91. Ancora lucido, ma con qualche comprensibile problema comunicativo legato all’età, ha affidato il suo racconto al figlio Fabrizio, anche lui architetto.
“Non sapevamo dell’opinione diffusa di voler abbattere l’edificio, né della sua situazione di degrado”, ha detto con stupore e rammarico Fabrizio Delle Fratte, “alla notizia mio padre si è fatto una grassa risata perché ritiene l’abbattimento una scorciatoia per risolvere un problema complicato”.
Così Fabrizio ha pensato di mettere suo padre di fronte al computer e con l’opzione Street view di Google maps, per la prima volta dopo tanti anni, lo ha riportato virtualmente alla base delle torri.
“Mio padre – ha raccontato – è rimasto molto colpito dallo stato di decadenza del fabbricato. Ha notato un cambiamento nella parte basamentale dell’edificio, che in origine era diversa perché doveva contenere un cinema e un grande magazzino. Le residenze del primo piano non c’erano, perché quegli spazi avrebbero dovuto ospitare dei servizi. Ora al piano terra ci sono solo pochi negozi, gli altri sono abbandonati, forse, se fosse stata mantenuta l’idea originaria, non avrebbero fatto quella fine. Inoltre mio padre ha notato subito l’assenza di manutenzione, le dozzine di antenne, il cambiamento di colore e il fatto che i piazzali circostanti ora sono adibiti a parcheggio. Non è stato il modo migliore per conservare quel posto”.
Ma quali erano le intenzioni iniziali dei progettisti?
“Mio padre – ha proseguito Fabrizio – ha spiegato che per capirlo bisogna necessariamente storicizzare il contesto. Era il 1954, il dopoguerra, e c’era una forte richiesta abitativa. La priorità dell’amministrazione era realizzare una struttura ad alta densità e a basso costo per andare incontro alle esigenze di alloggio dei cittadini. Il grattacielo di Ferrara doveva avere residenze nella parte media e alta e servizi in quella bassa. Avrebbe quindi dovuto essere un edificio con una vita sua e portare una serie di servizi all’interno. Dal punto di vista di inserimento nel contesto e di sviluppo avrebbe potuto avere un esito diverso se accanto agli appartamenti, fossero rimasti i servizi”.
L’architetto che ha progettato il grattacielo ricorda come venne accolto dalla città?
“Da parte dell’amministrazione comunale ci fu massima disponibilità, tanto che il progetto gli fu approvato in due mesi, un tempo impensabile per il periodo odierno. Ribadiamo che la priorità allora era dare le case alla gente, questo spiega un altro fatto eccezionale: l’area sulla quale fu eretto l’edificio, fu data in dono dal comune all’impresa costruttrice, a seguito del suo impegno a tenere bassi i costi. Poi però ci furono anche molte polemiche soprattutto sull’altezza dell’edificio, tanto che Pellegrin, l’altro architetto, decise di abbandonare il progetto. Poi sorsero problemi anche con l’ingegnere che seguiva i lavori. Mio padre sostiene che gli ha modificato il progetto e gli ha rovinato lo skyline, ma ormai sono cose difficili da ricostruire con precisione. Di certo la localizzazione del grattacielo colpisce ancora oggi. Fu probabilmente l’amministrazione a sceglierla. Le torri sono l’elemento terminale del più importante asse della città, quello di viale Cavour. Dal punto di vista formale sono state pensate come un elemento di chiusura”.
E qui Fabrizio Delle Fratte, ha voluto abbandonare il ruolo di portavoce del padre che fino a quel momento aveva ricoperto, e dare un suo parere personale.
“Siccome dal punto di vista urbanistico il grattacielo è ubicato in modo corretto, cioè va bene un edificio alto in quella posizione, abbatterlo sarebbe un errore perché è un segnale che evidenzia l’inizio o la fine del grande asse sul quale si sviluppa Ferrara. Il grattacielo c’è e va trattato bene, va fatto rivivere. C’è un parco attorno per iniziative di risanamento. E’ stato trattato male, ora è un’area non vitale. Se l’edificio è abitato da persone con disagio sociale, si risolve il disagio, non si abbatte l’edificio”.
Le foto del grattacielo sono state concesse in esclusiva dall’archivio dello studio di Sergio Delle Fratte e sono probabilmente del fotografo Peguiron.
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Stefania Andreotti
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