Le elezioni si avvicinano. Quelle europee ma anche le amministrative che eleggeranno il nuovo governo cittadino. Una cosa è certa: per Ferrara saranno un appuntamento storico. E comunque per nulla normale e scontato. Dopo 70 anni, quasi un’era biologica, per la prima volta la Destra sembra favorita. Una nuova Destra, aggressiva e a trazione leghista (leggi Alan Fabbri e Nicola Naomo Lodi), molto lontana dalle tradizionali forze del Centro Destra, sempre sconfitte nelle elezioni precedenti.
Anche a Ferrara (lo mostrano i sondaggi fin qui pubblicati) pesa fortemente la situazione politica nazionale: il governo giallo-verde (pericoloso, deludente, diviso al suo interno, ma deciso a non mollare il potere), il protagonismo mediatico e l’ascesa elettorale di Matteo Salvini, le divisioni interne di un Pd sempre più confuso e uscito dimezzato nei consensi dalle elezioni di marzo.
C’è poi un altro fattore che gioca contro la continuità, quindi contro la vittoria della Sinistra: la presenza di una diffusa insofferenza verso le élites politiche da parte dei cittadini elettori. Un distacco, una disaffezione, una sfiducia, che anche a Ferrara sono state sottovalutate. Anche a Ferrara, uscita impoverita dalla lunga crisi, il rapporto tra governo e cittadini si è logorato; l’orizzonte dei programmi si è abbassato e soprattutto è mancata la capacità di ascoltare e interpretare i bisogni, le difficoltà, le istanze delle persone, a partire da quelle più in difficoltà. Proprio questo malessere diffuso, soprattutto nelle periferie, è stato il terreno dove ha fatto breccia la propaganda di una Destra estremista e populista. Una Destra che non porta nessuna idea nuova e positiva per Ferrara, ma che fa leva sul sentimento di scontento e di protesta.
Dunque Ferrara è persa? Seguirà la stessa sorte di tante città che hanno cambiato colore nella cartina d’Italia, tutte travolte dal vento del populismo e del sovranismo? Forse sì, a meno che…
Qualcuno forse pensa che per sconfiggere l’onda populista basterà fare “fronte comune”, mettersi tutti insieme appassionatamente. Purtroppo “il fronte dei NO”, come è sempre stato nella storia, è destinato a una sicura sconfitta. Alle europee, come alle amministrative di Ferrara.
Invece, non sembri una banalità, c’è un unico modo per non tornare indietro: guardare avanti. Mettere in campo idee nuove e uomini e donne nuovi. Sapendo bene che il nuovo, il cambiamento, gli obiettivi concreti non potranno venire dalla attuale classe politica dirigente, o dalle solite tattiche e alchimie tra i partiti, ma solo dal grande patrimonio di idee e di energie della società civile ferrarese. Una società in cui tutti i giorni operano decine e decine di gruppi, collettivi, associazioni, dove migliaia di ferraresi sono impegnati nel campo della solidarietà sociale, della cultura di base, della nuova economia.
Qualcosa di nuovo si sta muovendo. In questi ultimi mesi a Ferrara sono sorte due iniziative, con nomi diversi – ‘La città che vogliamo’ e ‘Ascoltare il battito della città per rigenerare la democrazia’ – ma con intenti comuni. Censire i bisogni, le necessità, le richieste di cambiamento. Elaborare idee, individuare campi di azione, proporre linee di intervento e modalità nuove nel governo della citta. Disegnare i contorni di una sorta di Ferrara 4.0, capace di rispondere alle nuove sfide e proponendo nuove forme di democrazia partecipata.
Oltre un centinaio di persone stanno già lavorando in questa direzione. Pensando ai contenuti, invece di concentrarsi unicamente nella ricerca del capolista ideale. Se queste due iniziative troveranno una sintesi — e ce ne sono tutte le premesse – allora potrà finalmente nascere un soggetto nuovo, capace di esprimere una proposta innovativa e convincente per la Ferrara del prossimo futuro, diventando protagonista alle elezioni di primavera.
in copertina elaborazione grafica di Carlo Tassi
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Francesco Monini
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