Una proposta di legge del M5S (AC 52 Daga) sta ponendo questioni di grande importanza e crea turbolenza nella struttura del settore idrico: si propone di tornare alla gestione diretta ai Comuni affermando nelle premesse che “il sistema ha fallito e che le politiche di privatizzazione hanno prodotto il disastro”. Nello specifico si tratta:
1. del ritorno al principio di “unitarietà” della gestione, in luogo dell’“unicità”, all’interno di bacini idrografici;
2. dell’adesione facoltativa alla gestione unitaria del servizio idrico integrato per i Comuni con popolazione fino a 5mila abitanti situati in territori di comunità montane o di unioni di comuni;
3. del restringimento degli affidamenti, consentiti in ambiti territoriali non superiori alle province o alle città metropolitane.
Un approfondito studio realizzato da Ref pone le questioni critiche della proposta di legge che propone la trasformazione delle società di capitali in aziende speciali, ovvero in enti di diritto pubblico. Grande sollevazione è in corso da parte delle attuali aziende che gestiscono il servizio e che affermano come l’azienda speciale sia sottoposta a vincoli che non si conciliano con le esigenze di flessibilità della gestione di un servizio industriale e la snellezza operativa delle società di capitali, rispetto al modello organizzativo pubblico tradizionale. Il tema è discusso da anni (vedi referendum).
La proposta di legge chiede il ritorno delle competenze in materia di regolazione al Ministero dell’ambiente. Così era sino al 2011, cioè prima del mandato conferito a una autorità indipendente, l’Autorità per l’energia, le reti e l’ambiente- Arera.
La storia del settore è molto lunga e piena di criticità.
Sul tema dell’acqua, infatti, molte cose sono avvenute in un percorso impegnativo, ricco di contraddizioni e anche di sviluppo. E’ utile un breve remake: legge Galli 36/94, nel 1996 metodo normalizzato price cap, poi Coviri, poi 152/2006, poi Autorità d’ambito (e regionale); dal 2010 manovra Salva Italia, ruolo Aeeg per acqua, nuovo meccanismo tariffario; 2013 Metodo Tariffario Idrico-Mti, superata logica transitoria del Mtt; secondo periodo regolatorio, avviati molti procedimenti, diffida 200 gestori per insufficienti dati trasmessi, nasce l’Osservatorio permanente, Aeeg alla guida di Wareg, documenti di consultazione, poi nuove scommesse su Mti-2 664, Convenzioni e Carta dei servizi Qualità 655, Qualità tecnica 917. Ora proposta di legge A.C. 52. Insieme allo sviluppo dunque proseguono anche le contraddizioni. Bisogna parlarne molto. E’ in gioco il futuro dell’acqua, i suoi investimenti, le tariffe, la gestione. Non è solo questione per gli addetti ai lavori.
Chi si oppone a questa rivoluzione ora afferma che: “La proposta di legge A.C.52 prefigura un ritorno al passato: gestioni dirette o tramite enti di diritto pubblico, competenze regolatorie al Ministero dell’Ambiente, finanziamento del servizio tramite fiscalità generale. 7 miliardi all’anno gli oneri derivanti dalle disposizioni previste, cui si aggiungono altri 16 miliardi una tantum. La situazione economica e delle finanze pubbliche non è però quella degli anni Ottanta. Quella stagione storica appare oggi non ripetibile e a tratti persino non auspicabile”. Si cita sempre lo studio Ref.
Era però previsto nel contratto di governo. Riconoscendo l’acqua come bene naturale di diritto umano universale, che dunque richiede una gestione del servizio idrico integrato “realizzata senza finalità lucrative, mediante modelli di gestione pubblica, e persegue finalità istituzionali e di carattere sociale e ambientale, garantendo un elevato livello di qualità, efficienza ed economicità del servizio”.
Con questo articolo vorrei solo sottoporre la questione, auspicando che ci sia da parte di tutti un approfondimento per capire bene cosa è in gioco. La mia opinione in sintesi è che:
– La qualità della gestione non dipende dalla natura dell’azienda; ci sono aziende private eccellenti e aziende pubbliche inefficienti, e viceversa
– La natura pubblica del bene acqua è meglio garantita da una Autorità nazionale terza efficacia, rispetto alle Regioni comunque politicizzate e discordi nelle scelte
– Il valore dell’acqua richiede che questa abbia un prezzo (perché ha un costo) e non ritengo debba essere gratuita, ma che anzi i cittadini siano consapevoli e coinvolti economicamente
– La tariffa deve contenere anche gli investimenti necessari e non credo che possano essere caricati nel bilancio nazionale già critico per molti centri di costo
Proviamo dunque a capire meglio alcune questioni importanti:
• Il settore dell’acqua continua a essere di grande interesse industriale e soprattutto di grande importanza ambientale. Il settore industriale consuma oltre 7 miliardi di mc, 18 miliardi sono prelevati nel settore agricoltura (il 50%), mentre 5 miliardi di mc erogati nelle reti civile, ma 9 miliardi di mc prelevati, evidenziando una grave criticità nelle perdite di rete, dunque richiamo istituzionale e dell’opinione pubblica sull’emergenza idrica; è necessario avviare iniziative per ridurre i prelievi di acqua e incentivarne il riutilizzo;
• la situazione delle infrastrutture idriche e della gestione dell’acqua è fortemente critica; per tentare un superamento della cronica debolezza strutturale sono necessari ingenti investimenti; il problema principale non è valutare dove e come reperire queste risorse, ma individuare le priorità
Il deficit impiantisco è così caratterizzato: il 4% della popolazione è ancora priva di adeguati impianti acquedottistici ed il 7% di un collegamento alla rete fognaria. Sul versante della depurazione della acque emerge poi un ritardo drammatico con il 15% della popolazione sprovvista di impianti di trattamento (il 21% del carico inquinante): in grave ritardo il Mezzogiorno.
In Italia il 24% delle condotte di acquedotto ha un’età superiore ai 50 anni, così come il 27% delle reti fognarie, a fronte di vite utili regolatorie di 40 anni; il 92% degli interventi sulle reti idriche non è programmato, avviene cioè per riparare guasti alle condotte.
Gli investimenti, dopo scenario decennale inerziale (30 euro/abitante/anno) hanno avuto qualche miglioramento con segnale di ripresa (45 euro/abitante), con previsioni in crescita (in media oltre 50 euro/abitante/anno): qualcosa dunque si muove, ma si è ancora molto lontani dal fabbisogno di 80 euro/abitante/anno Serve un scenario più forte e di ripresa degli investimenti: da 3,2 Mld€/anno (oltre 50 €/ab/anno) a 4,8 Mld€/anno (circa 80 €/ab/anno). In sintesi:
• Disparità, ritardi rispetto Europa, reti vecchie (oltre 40 anni) e costano 300 mila euro a KM
• In cinquant’anni sostituito il 50% di rete acqua e 40% di fognature
• Servono 25.000 Km di acquedotti e quasi altrettanti di fognature
• Perdite elevate (e non si investe) e dato in crescita
• Copertura depurazione 70%, fognatura 85%
• Procedura infrazione comunitaria direttiva 91/271 e 2009/2034 sentenza nel 2016
L’interessante rapporto congiunturale e previsionale sull’innovazione e sul mercato delle reti, dei sistemi acquedottistici, fognari e di depurazione in Italia 2018-2020 realizzato dal Cresme per H2O 2018 offre un quadro di riferimento completo.
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Andrea Cirelli
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