Due cuccioli
Something to Talk About (Badly Drawn Boy, 2002)
Questa è una storia a lieto fine. Meglio precisarlo subito, perché il mondo è stanco di drammi e tragedie. Perciò ho deciso di raccontare una cosa bella, iniziata tanto tempo fa…
C’era una volta un bambino e un cane… anzi no: c’era una volta un bambino.
Il bambino camminava e camminava. Cercava qualcosa che lo facesse sognare un po’, almeno fino all’ora di merenda. Girava e rigirava nel suo quartiere alla periferia di Ferrara.
Poi si fermò ai margini di una boscaglia e ascoltò. Sentiva un lamento lieve e piccino, sottile e disperato. Era un guaito e proveniva dal fitto fogliame dietro un rovo spinoso di more dolci e succose.
“I frutti dopo,” pensò, “prima salviamo il salvabile!”
Detto fatto. Il bambino s’infilò nell’intrico di rami pungenti, avvistò un batuffolo arruffato e spaventato, era un cucciolo abbandonato, allungò la mano e l’afferrò.
“Evviva, il cucciolo è salvo!” si disse.
Riemersi entrambi dal garbuglio, si presero subito in simpatia.
Il bambino era coperto di graffi, provava grande soddisfazione e discreta sofferenza. Per un po’ di bruciore s’era guadagnato tanta riconoscenza.
D’altra parte il cucciolo di cane non si risparmiò affatto in leccate varie d’amicizia e gratitudine. E, come se sapesse del suo giovamento, proprio a lenire tagli e graffi, la lingua calda, morbida e liscia s’adoperò sulla faccia, sulle mani e sulle braccia.
Di quel piacevole tormento il bambino fu assai contento, e chissà, forse anche per questo, decise che il cucciolo diventasse suo amico per sempre. E decise pure di chiamarlo Lupo, perché a un lupacchiotto assomigliava per davvero, sebbene fosse semplicemente un cagnolotto bianco e nero.
E Lupo gradì il suo nuovo nome, tanto che, crescendo assieme al suo padrone, sembrò dimenticarsi del suo esser cane, scegliendo d’ululare piuttosto che abbaiare.
Così, da quel giorno, i due cuccioli furono inseparabili amici d’avventura. Scorpacciate di gelato, ossi da seppellire, palle da inseguire, corse a perdifiato, formiche da spiare e soldatini da rubare.
Ma come tutte le cose belle, quel paradiso d’innocente vacanza e d’incosciente felicità, un po’ effimero e un po’ eterno, d’un tratto ebbe fine.
Nel corso di una manciata d’anni il primo cucciolo diventò un giovane uomo irrequieto, mentre il secondo cucciolo divenne un vecchio cane saggio.
Chi può dire perché le cose funzionano in un modo e non in un altro? La natura comanda. E la natura dice che la vita d’un cane dev’essere più breve di quella umana, giusto o sbagliato che sia. Eppure sappiate che Lupo fu un cane fortunato, perché dal primo all’ultimo giorno della sua vita ha vissuto con l’innocenza e la spensieratezza d’un bambino. E quando mi guardò per l’ultima volta prima del lungo sonno, il mio vecchio cane saggio, i suoi occhi erano gli stessi del cucciolo che incontrai nel rovo spinoso: innocenti, spensierati e sereni.
Come i miei di bambino…
E a ripensarci bene mi viene il sospetto che quel bambino, di cui ho un vago ricordo, abbandonò questo mondo molto, molto tempo prima di Lupo…
Chiudo gli occhi e li rivedo insieme, correre, inseguire la palla, spiare le formiche e seppellire ossi.
Come sempre e per sempre.

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Carlo Tassi
PAESE REALE
di Piermaria Romani
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)