Il 7 dicembre del 2021 scrivevo del Patto del Quirinale tra Francia e Italia (qui: se dai tedeschi ci difenderanno i francesi chi ci difenderà dai francesi) sottolineando che uno dei suoi motivi ispiratori era la nostra necessità di trovare una sponda per arginare i richiami prossimi agli equilibri di bilancio da parte dei paesi nordici.
Una prima conferma alla correttezza dell’ipotesi è arrivata poco dopo, il successivo 23 dicembre, a mezzo articolo sul Nyt a firma Draghi–Macron e pubblicato anche sul sito del nostro governo con tanto di traduzione di cortesia (qui: intervento di draghi e macron sul financial times).
Argomento dell’articolo proprio la necessità di modificare il Patto di Stabilità e Crescita dell’Unione Europea, quindi la constatazione della vetustà dei vecchi parametri del tetto al deficit al 3% e del debito al 60% del Pil “Già prima della pandemia, le regole di bilancio dell’UE andavano riformate. Sono troppo opache ed eccessivamente complesse. Hanno limitato il campo d’azione dei Governi durante le crisi e sovraccaricato di responsabilità la politica monetaria”.
Si parla dell’importanza della politica monetaria e di quanto bene abbiano fatto gli interventi nell’economia dei governi dell’Eu sostenuti dalle politiche accomodanti della Bce che hanno permesso una rapida ripresa. E che questi interventi devono essere strutturali per permettere alle economie di crescere, tenendo sotto controllo il debito ma senza peggiorare la vita ai cittadini “Non c’è dubbio che dobbiamo ridurre i nostri livelli di indebitamento. Ma non possiamo aspettarci di farlo attraverso tasse più alte o tagli alla spesa sociale insostenibili, né possiamo soffocare la crescita attraverso aggiustamenti di bilancio impraticabili”.
Il debito non è solo debito fatto oggi che andrà poi sulle spalle delle future generazioni ma un investimento di cui proprio loro raccoglieranno i frutti “Abbiamo bisogno di più spazio di manovra e di margini di spesa sufficienti per prepararci al futuro e per garantire la nostra piena sovranità. Il debito per finanziare tali investimenti, che certamente gioveranno alle generazioni future e alla crescita di lungo termine, dovrà essere favorito dalle regole di bilancio, dato che questo tipo di spesa pubblica contribuisce alla sostenibilità di lungo termine del debito”, come raccontava anche Milton Friedman, premio Nobel per l’economia nel 1976.
Del resto lo avrò umilmente scritto innumerevoli volte su queste pagine nel corso degli ultimi anni, in maniera sicuramente meno autorevole ma molto più esplicita. Ma qualcosa di notevolmente esplicito c’è anche in questo articolo quando i due scrivono “L’imminente presidenza francese del Consiglio dell’Ue avrà come obiettivo lo sviluppo di una strategia condivisa e completa per il futuro dell’Unione”, che suona come una specie di avvertimento agli altri Paesi europei, in particolare ai soliti falchi del rigore.
Tutto bene quindi? Non allarghiamoci troppo. Di fianco, sempre sul sito del governo c’è un link a un documento, in inglese e questa volta senza traduzione di cortesia, di 13 pagine che però vale la pena di leggere. Redatto da Francesco Giavazzi, Veronica Guerrieri, Guido Lorenzoni e Charles-Henri Weymuller come approfondimento dell’articolo, vale sicuramente come proposta concreta su quali siano le intenzioni dell’intesa franco – italiana: la creazione di un’Agenzia del debito europeo che si accolli tutto il debito pandemico emesso negli ultimi due anni e mantenga bassi i tassi di interesse dei titoli di stato sul mercato con la possibilità di allungare i tempi di rientro per la parte del debito contratta per investimenti ritenuti idonei.
E’ interessante constatare che anche in questo paper la spesa pubblica, a debito, diventa investimento per le future generazioni, un passo in avanti rispetto al blocco del pensiero unico: debito = peccato. Una breccia che però non può diventare come quella dei bersaglieri a “Porta Pia”, non si può allargare troppo. Infatti viene ribadito che il debito deve essere restituito, perché a leggere ci sarà anche la Germania cioè quella che permette al debito comune di vedersi attribuita la tripla A, e non si può esagerare.
Insomma, nell’articolo si chiariscono gli scopi di politica economica del Patto del Quirinale incentrati su un passaggio dal neoliberismo classico ad un keynesismo possibile mentre nel paper tecnico si dice alla Germania e ai sui satelliti rigoristi che un tale passaggio non sarà esente da regole stringenti, dal rispetto dell’indipendenza della Bce e da un ricorso a strutture sovranazionali che assicureranno un controllo burocratico dei finanziamenti del mercato e un corretto utilizzo delle garanzie di affidabilità tedesche.
Avanti al passo del gambero. Abbiamo scoperto che si può spendere ben oltre i limiti concessi dai trattati e dai cavilli elitari ma possiamo liberarci solo rimanendo in gabbia il che mi ricorda un antico detto ripreso da un vecchio professore saggio, Nando Ioppolo, “non far scoprire al contadino quanto è buono il formaggio con le pere”. Vale a dire, lo stomaco dell’élite è diverso da quello della plebe, cibi poveri possono essere bene accoppiati e usati per le nobili tavolate, con le necessarie accortezze ci si può abbuffare e godere senza condividere.
Le chiavi del benessere devono essere tenute celate, quanto basta per una corretta e oculata gestione del potere.
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Claudio Pisapia
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