DOPOELEZIONI
La vocazione populista per il sedere e l’autogol di Naomo
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Jean Paul Sartre sosteneva che l’universo intero gira intorno ad un paio di chiappe, senza sospettare che un giorno il fondo schiena sarebbe assurto agli onori della politica, nel qual caso forse anche lui ne avrebbe avuto ‘nausea’.
Dall’enfasi di Beppe Grillo in piazza Maggiore a Bologna ormai diversi anni fa, alle ultime minacciose esternazioni parapolitiche del Naomo de noantri, il ‘culo’ è assurto agli onori delle dirette televisive, dei social e dell’informazione in generale. Pare che il turpiloquio degli italiani si sia aggravato e a trionfare sul sedere sia l’organo sessuale maschile, dall’etimo incerto, che per pudore sui giornali continua a essere scritto “c.zzo”, come se una ‘a’ facesse la differenza. Ma è dalla loro accoppiata che parte il più minaccioso degli strumenti di persuasione ora usato con generosità di eloquio anche dal nostro vicesindaco.
Non siamo più all’evocazione del sedere per mandare a quel paese un’intera classe politica, propria del grillismo della prima ora, adesso si promettono asfaltamenti di elettori del centrosinistra con esecuzioni di massa a carico dei loro posteriori da parte di intere legioni di leghisti, disposti a sospendere per una simile evenienza anche la loro risaputa omofobia. Minaccia preoccupante dai tempi del ‘celodurismo’ del loro fondatore, che sta a significare come l’organo maschile, con annessi e connessi, costituisca una tara genetica del leghismo.
Così Ferrara, tra i siti patrimonio dell’umanità, Ferrara città del Rinascimento che si candida ad essere capitale europea della cultura, viene umiliata facendo il giro delle reti televisive e della stampa nazionale attraverso l’immagine burina e volgare del suo vicesindaco.
Qui bisogna decidere se è il signor Nicola Lodi, detto Naomo, ad essere incompatibile con la nostra città o se è la città ad essere incompatibile con questo vicesindaco. Non ho sentito scandalo in giro. Il rischio, nel migliore dei casi, è che si accetti per indifferenza di vivere come i personaggi di una commedia dell’assurdo all’Achille Campanile tra il grottesco e il paradosso. Personalmente credo che ci sia una dignità della cittadinanza, dell’essere cittadini, dello stare insieme, dell’abitare lo stesso territorio che non può ammettere di erigere mura da cui sparare le proprie bordate nei confronti dell’altro che non nutre le nostre stesse idee. La diversità, anche quando le distanze sembrano agli antipodi, è una ricchezza che va rispettata, ascoltata, mai minacciata, semmai sfidata, sfidata al meglio senza umiliare e calpestare chi sta dall’altra parte.
Non vorrei che con il cambio della guardia alla guida della città avessimo perduto un patrimonio importante che è quello di saper stare insieme, rispettandosi anziché covando la tentazione di annullare l’altro. Avrei voluto una città che reagisse in massa alle parole di Lodi e alla pistola di Solaroli, che non archiviasse questi fatti come episodi di costume, della normale dialettica politica. Il vulnus creato al nostro tessuto sociale dalle parole del vicesindaco avrebbe dovuto indurre tutti coloro che credono in una cittadinanza amichevole, anche se diversi, a chiedere le immediate dimissioni del vicesindaco. Lo stesso sindaco Fabbri ha il dovere di tutelare la città dissociandosi dal suo vice, ricordando di essere il sindaco di tutti e, dunque, anche di quella parte della città che si è sentita ferita dalle parole e dal comportamento di Lodi.
Ritengo gravissimo tollerarne la condotta, derubricarla a macchietta, perché potrebbe essere molto vicino il giorno in cui in tanti non ci riconosceremo più come cittadini di questa città e il suo tessuto umano e culturale, che è costato la fatica di tanti anni di storia, potrebbe essere lacerato per sempre.
In conclusione, sebbene senza speranza, inviterei Naomo e anche il sindaco Fabbri a consultare il dizionario della lingua italiana del Battaglia, ammesso che ne conoscano l’esistenza, potrebbero chiarirsi le idee, e Naomo scoprirebbe che a esprimersi sui social e sulle reti televisivi con un certo linguaggio può rivelarsi un autentico autogol. Perché, scrive il Battaglia, “Fare il culo a qualcuno” significa ingannarlo, imbrogliare, primeggiare su di lui con mezzi sleali. A questo punto, è lo stesso Naomo ad averlo ammesso pubblicamente.
Per i miei concittadini ferraresi citerò invece il Tommaseo – Rigutini: “Perdoni il lettore l’enumerazione… ‘Natica’…’Chiappa’…’Culo’ è voce bassa che non dovrebbe mai comparir né negli scritti né risonar sul labbro delle persone”. Specie, aggiungo io, se persone chiamate ad amministrare la cosa pubblica.
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Giovanni Fioravanti
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