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Vite di carta. Donne adulte

L’incanto delle parole scabre e possenti mi ha presa di nuovo leggendo Borgo Sud di Donatella Di Pietrantonio. Era accaduto col romanzo precedente, L’Arminuta, vincitore del Premio Campiello nel 2017, storia di una adolescente ‘restituita’ alla famiglia da una coppia benestante di parenti che l’avevano voluta crescere e poi l’avevano riportata dalla città alla povera casa dei genitori e dei numerosi fratelli, al paese in provincia di Pescara.

Ho già avuto l’occasione di parlarne in questa rubrica nello scorso mese di aprile, quando la inaspettata pandemia tentava di spazzare via le nostre certezze, l’idea di invulnerabilità che potevamo esserci fatti, ognuno a suo modo. Mi sembrava che calzasse la vicenda di questa ragazzina senza nome, che arriva col suo bagaglio di abiti costosi e con le scarpette per la danza in una casa e in una famiglia che non sapeva di avere e non trova nemmeno il letto pronto per lei. Il letto è da dividere con la sorella più piccola Adriana e con gli umori del suo corpo, nell’unica stanzetta dove dormono anche i fratelli. Il problema diveniva per lei, come per noi, operare una riduzione rispetto alla vita di prima, assegnare di nuovo il valore alle cose, collocarle in nuove gerarchie, mettere in gioco l’identità.

Ho atteso il periodo del Natale per aprire il nuovo libro fresco di stampa, sapendo, grazie al passaparola tra amiche lettrici, che si tratta del seguito di L’Arminuta e le due sorelle ora sono adulte. Ho subito pensato a L’amica geniale di Elena Ferrante, dove la vita delle due amiche protagoniste è narrata per fasi ben distinte e scandite con ogni evidenza nei quattro tomi che formano l’opera.

Mi sono chiesta cosa potesse raccontare questo nuovo libro della vita di Adriana e della sorella, che rimane ancora senza nome e assume di nuovo il ruolo di narratrice. Il romanzo di Ferrante ha una coralità ampia, una volontà di ricostruire contesti che appartiene al romanzo realistico della nostra tradizione; nell’arminuta è invece dominante la sensibilità individuale, ci sono in primo piano le dinamiche della famiglia e le scelte personali. C’è il travaglio identitario a dare spessore al racconto, e c’è la lingua precisa e potente che dicevo. La sintassi lineare che segmenta in frasi brevi il magma narrativo e lo definisce con rigore introspettivo.

Cosa può essere accaduto alle due sorelle nel corso degli anni? Cambiando il piano temporale a ogni capitolo, la narratrice ritesse le loro scelte di vita, il grande unico amore per entrambe, il rapporto tenuto a fatica con la madre e col padre. Il libro parte dal giorno del suo matrimonio, quando un acquazzone improvviso interrompe il pranzo all’aperto. Il secondo capitolo ci riporta  al presente e alla camera d’albergo, dove non le riesce di prendere sonno. Solo ieri la telefonata dall’Italia, questa sì è stata un temporale improvviso, l’ha raggiunta alla segreteria dell’Università di Grenoble e l’ha spinta a tornare a Pescara dopo anni di lontananza. Precisamente a sud della città, nel microcosmo del Borgo marinaro, che con le sue leggi radicate e la ruvida accoglienza della sua gente è divenuto lo spazio vitale della sorella.

Il tempo della notte è speso nel ricordo degli anni passati. Anche nei giorni di permanenza in albergo e durante le visite in ospedale ad Adriana, che si trova in coma dopo essere precipitata dal terrazzo di casa, la narratrice ripercorre le vite delle persone che le sono state care e della sorella prima di tutte. Ripercorre la sua. Col distacco che si è conquistata andando via dalla sua città e dal marito, dopo la loro dolorosa separazione, riesce a farne la sintesi.

Nei suoi pensieri ci sono le piccole fughe fatte con Adriana, le esperienze giovanili rubate ai ritmi della loro famiglia così povera, che le facevano sentire come le altre ragazze. Negli anni il loro rapporto si è fatto intermittente, durante gli incontri d’estate o a Natale “ci raccontavamo il meglio delle nostre vite, come si fa quando si è distanti”. Eppure nella vita di Adriana non sono mancati i dolori: i contrasti con la madre, le difficoltà economiche, il fallimento del matrimonio con Rafael che è anche il padre del suo bambino. Solo a tratti Adriana ha chiesto aiuto e si è insinuata col suo stile forte nella vita della sorella.

C’è la storia col marito Piero, fatta di devozione e amore prima reciproci, poi solo mantenuti da lei. Le ci è voluto molto tempo, le è servita l’intromissione della sorella per far venire a galla il distacco ormai senza ritorno del marito, il suo inseguire un’altra formula di vita. Piero le è vicino, ora che Adriana è in coma. La ripara dall’umidità di novembre, accompagnandola in macchina alle visite in ospedale, chiede se vuole pranzare con lui. Lei dice no: le fa bene mantenere il confortevole equilibrio costruito nella vita a Grenoble, tra l’insegnamento, qualche serata da trascorrere  in compagnia del vicino di casa, il gatto che hanno in comune. Di Piero pensa: ”Non sono mai del tutto guarita da lui, qualcosa si contrae ancora dentro di me. La sensazione di cunetta o dosso, la chiamava una mia compagna di classe facile agli innamoramenti. Ma adesso è leggera, addomesticata, solo un riflesso attenuato che non è proprio scomparso negli anni”. In queste parole si misura il cambiamento che è avvenuto in lei, quanto abbia saputo lenirsi la ferita, ma anche e soprattutto la fedeltà alla propria indole.

Ecco che spuntano di nuovo, indole e fedeltà. Quando il medico ipotizza che, se Adriana si sveglierà, dovrà comunque affrontare almeno un anno di difficile riabilitazione, lei, la sorella che giorni prima aveva giurato a se stessa di rinunciare a tutto in cambio della vita di Adriana, ora ammette: ”Immaginavo il rientro a Grenoble dopo le vacanze invernali, la neve sui prati del campus…Adesso non sono pronta a sacrificarle un anno. Sono così fragili le mie risoluzioni”. Credo proprio che a farle pensare queste parole sia il senso di colpa per non aver trovato in sé una disponibilità totale verso la sorella. Riconosco l’intransigenza con se stessa, la delusione che prova non trovandosi più in grado di performance assolute, lei che fino dai tredici anni, quando è stata ‘restituita’, ci ha messo caparbietà e impegno totali per studiare e laurearsi, per diventare quella che è, pur rimanendo dentro la sua famiglia. Dentro e fuori.

Torna nei suoi pensieri il periodo in cui ha accudito la madre sul letto di morte. L’imbarazzo di accedere alla sua nudità, la sorpresa di sentirne dentro la presenza feroce insieme alla tenerezza di passarle una tazza di brodo appena dopo l’operazione. Anche dopo tanti anni ripensando alla figura che la madre ha rappresentato per lei conclude così: “Restava in gran parte sconosciuta, non sono mai penetrata nel mistero del suo affetto nascosto. Chiuderò i conti con lei nella mia ultima ora”. Eppure ne ha scoperto alcuni lati ignoti, quando al suo funerale parenti e vicine di casa l’hanno compianta per come si era sacrificata solo e sempre pensando ai figli, dimentica di se stessa, come fosse rimasta distrutta dalla morte del figlio primogenito. Deve essere stata anche questo, pensa la narratrice, una donna che si è annullata nei doveri verso la famiglia e nelle rinunce. Ammette: “Nelle ore che hanno preceduto l’operazione sembrava contenta, forse tutti quei medici e le infermiere intorno le davano il senso inaspettato di una sua importanza almeno lì”.

Deve ripensarsi come figlia, ammettere che ha sofferto tanto per i gesti di tenerezza che non sono mai arrivati, che è stata gelosa del fratello scomparso, di quel Vincenzo a cui la madre si è votata in modo esclusivo dopo la sua morte.
Vincenzo è anche il nome del figlio di Adriana. Quanto è cresciuto,  quanta maturità dimostra di avere ora che la zia venuta dalla Francia per stare accanto a sua madre gli parla, chiede come vanno gli studi. Per dirci di lui la narrazione fa uno scatto in avanti e ci anticipa che conseguirà la laurea, ci ricorda che da sempre è stato dotatissimo in matematica. Adriana è stata una madre attenta, si è presa cura del suo bambino, anche nei periodi di difficoltà, da un certo punto in poi lo ha cresciuto da sola. Ora la narratrice, che madre non è diventata, non può che avvicinarsi come una zia premurosa al sedicenne che ha davanti, fragile e forte come sua madre. Anche lui figlio del Borgo Sud.

Nel testo faccio riferimento ai seguenti testi:

  • Donatella Di Pietrantonio, Borgo Sud, Einaudi, 2020
  • Donatella Di Pietrantonio, L’Arminuta, Einaudi, 2017
  • Elena Ferrante, L’amica geniale, E/O, 2011

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Roberta Barbieri

Dopo la laurea in Lettere e la specializzazione in Filologia Moderna all’Università di Bologna ha insegnato nel suo liceo, l’Ariosto di Ferrara, per oltre trent’anni. Con passione e per la passione verso la letteratura e la lettura. Le ha concepite come strumento per condividere l’Immaginario con gli studenti e con i colleghi, come modo di fare scuola. E ora? Ora prova anche a scrivere


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