Pronto Ada? Hai un po’ di tempo? Ti debbo raccontare una bella storia. Devi sapere che sabato scorso il sant’uomo, in seguito alle mie fervide preghiere, mi ha accompagnato a vedere la mostra su Boldini e De Pisis in Castello. L’inaugurazione cominciava alle 18 e quando giungiamo il cortile del Castello era gremito da un corteo di persone che quasi arrivava sulla strada. Ci mettiamo diligentemente in coda, ma niente si muove, non c’è segno di apertura. Mentre il noto dolore alla schiena si fa preoccupante mi cade l’occhio su un gruppetto di persone che conversano tranquille davanti a un portone: guardo, capisco, decido. Sono gli handicappati che, per un sacrosanto diritto di precedenza, vengono esentati dal fare la coda. Mi rivolgo allora al sant’uomo: “Mio adorato, non è forse vero che la sciatica ti tiene sveglio la notte, oppure quando affranto cedi al sonno hai l’incubo che ti stanno segando la gamba?” Il sant’uomo, innocente, mi guarda incuriosito: “Non è forse vero che la mia schiena presenta una deformazione a rocchetto dei corpi vertebrali da 09 a L2, come recita l’ultima risonanza magnetica?” A questo punto il sant’uomo, che non è del tutto stupido, comincia a capire e a preoccuparsi. “Tranquillo, amore mio, tranquillo” e corriamo felici – corriamo si fa per dire, siamo pure zoppetti – insomma zompettiamo contenti di arruolarci nelle truppe handicappate in assetto di guerra davanti al portone che conduce all’ascensore. Poco dopo compare una bella ragazza in divisa (non dirò mai più male dei dipendenti di Comune e Provincia, lo giuro), la quale, impietosita dalle nostre infermità al freddo, ci invita a entrare: “La mostra non può aprire finché non arrivano le autorità”, insomma, cara Ada, per fartela breve, la ragazza in divisa ci porta all’ascensore e ci fa salire al piano della mostra, ma “per l’amor di Dio – dice – da questo corridoio passeranno le autorità, è meglio che non vi vedano. C’è un pianerottolo semibuio qui accanto, adesso vi porto altre seggiole”. E così, amica mia, quando Dio vuole, ossia quando le autorità arrivano e tutto comincia, assisto alla sfilata delle donne e degli uomini che contano a Ferrara. Ma erano tanti, ma erano tanti che non finivano mai e il sant’uomo, che li conosce, ogni tanto ordinava alla truppa “sono finiti, all’attacco!”. Macché, la ragazza in divisa ci stoppava allarmatissima, “ce ne sono ancora altri”, così mi sono messa tranquilla sulla mia seggiolina al calduccio e li ho guardati uno a uno. Ti dirò, lusso avveduto, eleganza da tinello, moderate flanelle, saggi tailleur, gioielli discreti, pellicce ragionevoli, le quali mescolavano ai profumi non preziosissimi un rassicurante effluvio di canfora. “Qui c’è puzza di vecchio!”, sbraita il sant’uomo e io giù calci. Oddìo, un po’ di vintage c’era, specie tra le signore belle tacchinone impastate nel fondo tinta, a qualcuna pareva dolessero i piedi perché guardava noi handicappati seduti con sottile invidia. Aveva aperto il corteo l’ex sindaco emerito, alto profilo di cavallo sindacalista, la criniera perde qualche setola ma non importa, la Camusso pare che lo ami. E, poi, c’era quel torello del sindaco in carica, tutto muscoli anche di sabato e la domenica in provincia. Saltava da un capo all’altro del corteo il puledro vice sindaco-assessore, pura razza sarda. Quando finalmente la fattoria degli animali è arrivata tutta intera nelle sale, anche noi handicappati possiamo entrare e vedere lo spettacolo di quei capolavori impreziositi dall’ambiente solenne.

Lì, davanti al “Notturno” di Boldini, davanti alle “Cipolle di Socrate” di De Pisis, la Direttrice – gallinella di prima penna – illustrava con la consueta maestria, ma così bene che il pubblico la contemplava estasiato e dimenticava di guardare i quadri, ma non importa. Però, ti dirò cara Ada, tu sai che io sono, come si dice a Ferrara una ‘scunzamnestra’, ti dirò che quel titolo della mostra “L’arte per l’arte” mi aveva fatto pensare a una dichiarazione di estetica crociana. Te lo ricordi il nostro professore di Filosofia teoretica come si accalorava: quella di Croce è una dialettica dei distinti, non degli opposti come quella di Hegel che unifica tutto nella sintesi. Vada a leggere, signorina, le mille pagine dell’Estetica di Croce e troverà la formulazione chiara del momento estetico come momento di pura bellezza, l’arte per l’arte appunto. “Non l’arte per la vita”, concludeva il sant’uomo le mie ingarbugliate riflessioni, mentre uscivamo dal Castello con la felicità di essere “diversamente abili”.
La foto della mostra “L’arte per l’arte” è di © Dino Buffagni

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