C’è un uomo, malato da tempo, che tutti i giorni, o quasi, si aggira per il centro di Cento, in chiaro stato di difficoltà sia fisica che psicologica. Vaga per le strade e ogni tanto emette qualche grido incomprensibile. Ha rari momenti di lucidità, dà segni di irrequietezza ed è chiaramente ormai incapace di provvedere a sé stesso. È magrissimo e fuma in continuazione, le sue dita ormai sono carbonizzate. La sua sofferenza è ogni giorno sotto gli occhi di molte persone, comprese quelle che dovrebbero occuparsi di lui.
Sono anni che questa persona vive in difficoltà, ha una pensione che gli ha permesso di campare in qualche modo e un’anziana madre che non è ormai più capace di accudirlo o aiutarlo. Taccio il nome per non ledere la sua dignità.
Quest’uomo in passato ha fatto l’operaio, poi la malattia mentale ha avuto il sopravvento ed è stato costretto a smettere di lavorare. Più volte i servizi sociosanitari si sono occupati di lui, ma evidentemente non hanno potuto (o saputo) risolvere alcunché.
Non sapendo cosa fare, ho scritto più di un mese fa al sindaco di Cento, Piero Lodi, utilizzando il suo indirizzo di posta elettronica che compare nel sito del Comune, pregandolo di intervenire (o di far intervenire qualcuno) per porre rimedio a questa situazione. Non mi ha mandato nessuna risposta, neanche quella burocratica che si dà agli interlocutori che rompono le scatole. Confermando con ciò che il primo cittadino centese non è di molte parole: avrà altro a cui pensare.
Stamattina, giovedì, giorno di mercato nella civilissima Cento, ho rivisto questa persona malata passare come uno zombie in mezzo alla gente. Uno zombie. Che sta male e non interessa a nessuno. O, perché, diranno, non è un “caso urgente”.
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Franco Stefani
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