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16 Febbraio 2017

Digital Trump

Tempo di lettura: 3 minuti


Getty Images/Ringer illustration
Getty Images/Ringer illustration

Si parla molto di Donald Trump, delle sue dichiarazioni, delle sue vecchie e nuove politiche e anche delle sue provocazioni, stravaganze e stramberie. La stampa americana di settore è recentemente molto interessata anche alla presenza che Trump ha, e vuole avere, in rete, ossia alla sua “presidenza digitale” e al diverso orientamento, rispetto all’amministrazione Obama, nella gestione della strategia comunicativa della Casa Bianca.

Arrivato alla presidenza, nel 2009, Barack Obama aveva trovato il sito web della Casa Bianca (vedi) funzionale ma datato, una totale assenza di profili social e la mancanza di canali di collegamento online che potessero far comunicare i cittadini con l’amministrazione. Zero attenzione, insomma, alla possibilità di interloquire con il governo e di riceverne feedback. Da qui la necessità di varare una Casa Bianca 2.0. Detto, fatto, soprattutto grazie alla sua vice digital officer della Casa Bianca, Kori Schulman.

Negli otto anni di mandato Obama è diventato un vero “social media president”, rivoluzionando il modo di comunicare e creando un patrimonio digitale ora messo a disposizione del suo successore. Una grande dimestichezza con YouTube, Twitter e Facebook, in un mondo che ormai non può più prescinderne. Dai live su Facebook dallo Studio Ovale alle risposte ai cittadini su YouTube, dal nuovo sito della Casa Bianca con tanto di blog ed email-list fino alla piattaforma “We the people” (vedi) per inviare petizioni all’amministrazione, le iniziative digitali del 44esimo presidente sono state infinite. Nel 2013 la first lady Michelle ha postato la sua prima foto su Instagram dove oggi conta oltre 7 milioni di follower.

Nel 2015, Obama è sbarcato su Twitter con l’account @POTUS (da President of the United States), seguito da 11 milioni di utenti (oggi ne conta oltre 15) Nel 2016, la Casa Bianca ha debuttato su Snapchat per portare gli americani dietro le quinte dei preparativi per il discorso sullo Stato dell’Unione. Per non parlare delle strepitoso album di immagini dalla Casa Bianca su Flickr o di video su Vimeo. Fotografie spesso molto belle e coinvolgenti. Questa infrastruttura digitale è un immenso patrimonio degli e per gli americani. Su Twitter, ad esempio, @POTUS è stato messo a disposizione di Trump dal 20 gennaio 2017 (giorno di passaggio delle consegne); la pagina manterrà i suoi oltre 11 milioni di follower ma non avrà i precedenti tweet sulla timeline. I vecchi post passerano su un nuovo account, @POTUS44 che fungerà da archivio accessibile al pubblico. Stesso discorso per first lady (i vecchi post confluiranno sul nuovo @Flotus44) e vicepresidente (@Vp44). Il meccanismo è uguale anche per Facebook e Instagram, dove la nuova presidenza avrà accesso a username e url, mantenendo i follower.

L’archivio dell’era Obama sarà visionabile su Facebook.com/ObamaWhiteHouse e Instagramcom/ObamaWhiteHouse. Tutto il patrimonio digitale verrà conservato e gestito dal National Archives and Records Administration: milioni di foto, migliaia di ore di video, le oltre 470mila petizioni inviate sulla piattaforma “We the people” e tutti i vecchi tweet e post sui social, oltre agli account istituzionali personali. Detto questo, ci si è un po’ allarmati quando si è notato che nelle prime settimane di Presidenza Trump la presenza social languiva. L’interlocuzione scarseggiava. Forse era solo un momento di transizione, di riorganizzazione.

Quello che era certo era che al profilo ufficiale Twitter del Presidente si affiancava quello personale, @realDonaldTrump, che si portava con sé ben 25 milioni di followers, che alla pagina ufficiale facebook della Casa Bianca (vedi) si affiancava quella personale (vedi) da cui il nuovo inquilino della Casa Bianca spesso comunicava e comunica direttamente. Il “we the people” sembra non ricevere molte risposte. La regola precedente era di lasciare i profili personali per lavorare solo su quelli ufficiali. Se non altro per evitare confusione. Anche i membri dello staff che se ne vanno devono lasciare account e followers dei profili usati durante l’amministrazione, perché considerati di proprietà del governo americano. Ma Trump ha annunciato che continuerà a twittare dal suo profilo personale @realDonaldTrump. E’ chiaro che anche le sue pagine sono fonte di informazione di rilievo. Contenuti anche più diretti e spesso basati pure su dati e fonti personali. Vedremo come andrà a finire. Da seguire.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.


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