Lentamente si esauriscono le ondate dei migranti del divertimento. Compiaciuti, gli organizzatori degli eventi cominciano a numerare l’elenco delle presenze in città mentre il gesto della statua di Savonarola che è silenziosa testimonianza agli ‘eventi’ indica ormai la posa consueta del cellulare alzato al cielo per testimoniare ( cosa?) forse il necessario ‘io c’era’.
Davanti alla tv la sera dell’ultimo dell’anno, dopo confortanti prelibatezze portate da Roma e la visione di vecchi film, una fuggevole occhiata all’angosciosa cascata di fuoco dal Castello mai abbastanza deprecata per il rispetto che ho alla storia e all’uso che se ne fa e, mentre medito, come sfida al cielo s’alzano le braccia di ignoti dai volti sconosciuti che tali rimarranno nonostante il braccio puntato al cielo. La sera del primo giorno Venti/Venti assistiamo un po’ a disagio allo spettacolo di Roberto Bolle, raffinato e popolare assieme. Ma chi l’avrà visto? In quanto lo spettacolo che sbanca non è affidato all’arte coreutica, ma sono i gorgheggi delle vecchie glorie canore rappresentate a Potenza dalla colossale ex diva del canto avvolta in veli bianchi e il marito in cappellino di paglia e un altro pseudo cantante ambiguamente vestito con guantini, zazzera bianca e sottanuccia da Madonna ( cantante of course).
Roma si offre in tutta la sua (fredda) gloria e luce. Corriamo tra un frullar di taxi alla mostra su Canova – non un granché – forse perché sono arrivato alla saturazione dopo 30 anni di studio matto e disperatissimo, ma ci rifacciamo con le strepitose esposizioni di Lucien Freud – Francis Bacon e la scuola di Londra. Lo stesso luogo, il Chiostro del Bramante, sembra la sede ideale per le imprese dei due artisti: anfratti, i luoghi segreti fatti apposta per testimoniare le deviazioni dei due grandi protagonisti del Novecento inglese e della scuola da loro creata. L’emozione risulta ancor più viva pensando alla fascinazione che Bacon esercitò su Giorgio Bassani. Basterebbe pensare alla prima edizione de L’airone e alla copertina di Bacon, il celebre ‘Figure on a Couch’ (1962) che inaugura la nuova stagione tra scrittura e figura dell’ultimo Bassani. La storia ricorda che per l’edizione del ‘Romanzo di Ferrara’ lo scrittore ferrarese chiese all’editore un’opera di Bacon ma il pittore non diede il permesso e il volume uscì ‘in bianco’.
Frida Kahlo è ormai personaggio fisso tra le presenze ineliminabili della cultura figurativa, siano Caravaggio o gli Impressionisti, e del richiamo che esercita sui visitatori.
L’esposizione è la perfetta idea di cosa voglia o debba essere oggi la conoscenza di un artista: la vita possibilmente disagiata o tragica, gli appetiti sessuali indistinguibili, la ferocia della vita, l’ascesa all’Olimpo dei grandi. Qui c’è tutto esposto in modo intelligente e posso dire ‘ruffianesco’. Ma se presentano o presenteranno allo stesso modo Raffaello o Leonardo ecco che la nuova metodologia ci porterà a risultati m’immagino, ma non mi auguro, deludentissimi.
Continua l’esplorazione dei luoghi romani frequentati da anni. Decidiamo di recarci al Pompiere elegante ristorante ebraico al Ghetto vicino all’Enciclopedia italiana. A pranzo ci si recava assieme a mangiare tutti noi che in quel momento si lavorava in quella sede divenuta tristemente famosa perché proprio lì in via Caetani venne trovata la macchina col cadavere di Moro . Ed ecco che un anziano cameriere dalla chioma e barba candida mi abbraccia dopo aver pronunciato a gran voce il mio nome. Al tempo era apprendista nello stesso ristorante e si ricordava perfettamente di me. La sera poi da Sonia, Hang Zhou in cinese, tra le foto degli artisti e dei politici che frequentano quel luogo gustiamo le meraviglie della vera cucina cinese.
Ma ancora Roma mi lascia un segno di disagio che non riesco a scacciare. La gente corre freneticamente in cerca di quel di più che la città può offrire ma che mi lascia con un senso di vuoto dentro. Forse il riflesso della politica?
Il lusso degradato ad outlet ha invaso la città. Le vetrine rilucenti delle vie della moda attraggono la vista ma non i clienti che si riempiono di tutte le borse possibili con i prodotti dell’outlet. Sembra quasi che scopo ultimo sia possedere la borsa o la scatola piuttosto che il contenuto. Come in politica. Appunto.
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Gianni Venturi
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