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Indeciso se partecipare ai funerali di Andrea Emiliani che si sono svolti nell’aula magna dell’Accademia Clementina di Bologna ho vinto le resistenze emotive e mi sono presentato all’appuntamento. Almeno 300 persone stipavano l’aula tanto amata dal suo presidente onorario dove alcuni di noi invitati dal fratello Vittorio hanno ricordato il grande studioso. Il fratello ha evocato il giovane Andrea studente-studioso tra Urbino e Bologna dove, oltre al “primo amico” Giorgio Cerboni Baiardi, avvennero quegli incontri che gli indicarono la via e gli permisero di conoscere i compagni della sua avventura esistenziale e scientifica: da Arcangeli a Gnudi a Longhi. Il suo sentirsi servitore dello stato è stato l’altro tema di quel ricordo. A seguire Ladranka Bentini, testimone partecipe di un sodalizio scientifico che si è interrotto solo con la morte. Ma oltre agli altri che hanno ricordato Emiliani a Bologna, da un commosso Gherpelli a Marina Foschi, di fronte agli impietriti amici di una vita tra cui Francesca Valli, Luisa Ciammitti, Carlo Ginzburg, Ottorino Nonfarmale, Pier Luigi Cervellati, Anna Stanzani e tanti altri che mi è impossibile ricordare lunga era la lista di chi gli ha voluto bene. I familiari, dalla dolcissima sorella Rina ai nipoti, da Gaetano e Francesca Scolaro a Baldassarri, fino alla sua ‘Angelica’ di cui si sentiva Medoro che lo ha accudito per diversi anni. A loro era rivolto il mio ricordo svolto nei luoghi e nei tempi. Da Firenze dove, come in un film di Ivory, concionavamo assieme a Eduard Pommier e a Mina Gregori all’Istituto francese o a Palazzo Strozzi, ai nostri Capodanni alternativamente celebrati a Ferrara o a Bologna con gli amici d’oltralpe che scendevano da Parigi, Edouard e Gisèle Pommier, che ci raggiungevano per festeggiare il nuovo anno e parlare di fronte a piatti squisiti che rallegravano tutti noi, ma soprattutto Andrea, di teoria del ritratto, di Quatremère de Quincy, di Giordani, di Canova o dell’età dei Lumi assieme all’entusiasta Michela ormai adottata intellettualmente da Pommier. Era l’occasione in cui Franca, l’amatissima Franca, distribuiva ai suoi uomini, sciarpe di seta, cravatte, cache-col tutti uguali ma di colori diversi. E ancora, il ricordo del mitico viaggio negli Stati Uniti ad accompagnare l’esposizione di Dosso prima al Met poi a Los Angeles dove ci attendevano Salvatore Settis, Luisa Ciammitti e Carlo Ginzburg.
Ci recammo in quei giorni al Norton Simon Museum , il favoloso Museo di Pasadena costruito dall’industriale che gli ha dato il suo nome. Simon conquistò il mondo con l’invenzione della salsa Heinz, ormai un elemento fisso nelle patatine fritte. Ad Andrea interessava soprattutto vedere il celeberrimo ‘Cane Aldovrandi’ dipinto dal Guercino per la famiglia bolognese che portava il suo nome e che sul collare ha inciso lo stemma di famiglia. Mentre passeggiavamo fra le meraviglie del museo incontrammo la vedova di Simon la celeberrima attrice, premio Oscar nel film ‘Bernadette’, Jennifer Jones, che sposò negli anni Settanta del Novecento in terze nozze l’industriale sopravvivendogli e diventando amministratrice del Museo. Spaventosa! Dell’antica bellezza restavano gli occhi ormai inquisitori e durissimi. Ci accolse con estrema freddezza e con estrema freddezza ci congedò. Meglio, molto meglio, perdersi nella fioritura delle camelie fastosa cornice al museo e alla città.

Guercino, Il cane Aldovrandi Nortorn Simon Museum Pasadena Usa

Ma le meraviglie del viaggio che ci rendeva sempre più allegri e spensierati proseguirono con la visita agli Universal Studios di Hollywood dove obbligammo il recalcitrante amico a una prova di viaggio spaziale simulato e, per concludere, ad assistere ad un musical appena prodotto, ‘Il re leone’ in cui beatamente Andrea russò con discrezione per svegliarsi alla fine e reclamare il dovuto pasto. E a Parigi da Ladurée a impinzarci di macarons e a progettare l’edizione italana di ‘Più antichi della luna’. Studi su J. J. Winckelmann e A. C. Quatremeres de Quincy o a vedere le mostre organizzate da Edouard al Grand Palais. Ma un ricordo tra gli altri mi s’affaccia alla memoria. Ero stato invitato alla Sorbonne a parlare sulle donne scrittrici italiane. Con noi c’era la prima Lilla e quindi mia moglie mi doveva aspettare in un caffè sulla Place. Edouard senza fare un cenno ci dice di mettere Lilla nel suo cestino poi, passando con fare autoritario tra i commessi tenendolo sottobraccio , ci introduce nella sala dove la dolcissima pelosa s’accomoda tra i Pommier, mia moglie e gli Emiliani e dorme per tutta la durata del discorso svegliandosi solo al termine un po’ agitato dalle femministe in sala non sempre d’accordo sulla mia proposta di rifiutare il gender. Ma più recentemente ci incontrammo a Parigi quando Andrea vi risiedette per mesi insegnando alla Académie e agli Istituti culturali. Infine di nuovo in Italia dove stretto al suo braccio parlammo nella cittadina di Mirandola distrutta dal terremoto. E ancora. Le visite e le conferenze che teneva alle settimane canoviane di Alti studi a Bassano o alla Biblioteca -Museo di quella città. E le visite nel “suo” Palazzo dei Diamanti a vedere le mostre allestite da Ferrara Arte o la sistemazione delle sale operate da Luisa Ciammitti e da Anna Stanzani o alla inaugurazione della volta affrescata dal Bastianino nella Cattedrale di Ferrara. Infine gli incontri nel suo antro-ufficio alla Pinacoteca nazionale di Bologna raggiunto con l’ascensore della Accademia Clementina passando per il corridoio dove teneva le sue opere che io regolarmente spigolavo fino al momento glorioso della pubblicazione di Opere d’arte prese in Italia nel corso della campagna napoleonica 1796-1814 e riprese da Antonio Canova nel 1815. Organizzammo il lungo iter di presentazione a cominciare da Faenza a palazzo Milzetti che avvenne il 23 ottobre 2018 introdotti dalla comune amica Enrica Domenicali. Avrebbero dovuto seguire Venezia con Paola Marini all’Ateneo veneto Firenze con Carlo Sisi, Urbino con Giorgio Baiardi, Ferrara con Ranieri Varese Bassano con Giuliana Ericani e probabilmente Milano con Fernando Mazzocca, Roma ai Lincei con Manlio Pastore Stocchi.

Un destino crudele non l’ha permesso.

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.


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