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Ferrara film corto festival

Ferrara film corto festival


Al di là del colpo di testa che il noto signore ha inferto al giornalista Rai, l’attenzione del popolo si sposta al solito su quella che il Sommo Poeta chiama “l’inguinaia”, cioè la zona che “dalla cintola in giù” interessa al popolo (?) italiano. Ormai anche una piccolissima frase di commento non va recepita se non è siglata da c….o oppure dalle sue appendici dette comunemente c….i. I ‘vaffa’ si sprecano e il buco posteriore è oggetto di complicatissimi traffici. Insomma i manganelli metaforici diventano l’arma del comando e non a caso nelle orride foto che documentano il pestaggio ostiense è proprio il manganello l’arma più terribile che insegue, frantuma, colpisce chi ormai ha già il naso rotto.

Ma cominciamo dall’alto. Come è a tutti noto Ferrara vanta una produzione di frutta straordinaria tra cui eccelle la pera. Ecco allora che la frase “At ciocch ‘na pera” non consiste nel gesto gentile di offrire un frutto, ma di mollare un cazzotto o ancor meglio una capocciata. Potenza della lingua che prevede e invera.
Al di là delle metafore e dei paralleli, in questo terribile momento che sta vivendo l’Occidente – ma non solo – il termine violenza si coniuga nelle più diverse accezioni. Si va da quella reale a quella verbale, a cui ci hanno abituato da tempo personaggi noti, politici o no. Le cosiddette ‘risse’ televisive o mediatiche fanno audience e determinano il comportamento sociale e individuale. Così come ormai alzare il dito medio è diventato scambio di saluto (una volta si faceva ‘ciao’ ‘ciao’ con la manina); perfino il gesto dell’ombrello immortalato dal grandissimo Alberto Sordi che lo indirizzava ai lavoratori è rifiutato perfino dai bimbi settenni, che lo trovano poco efficace. Così, nonostante la difficilissima scalata alla parità che le donne conducono ormai da un secolo e nella quale sembra – molto sembra – abbiano l’aiuto dei maschi avveduti e senzienti, il termine di paragone viene esplicitato dal ‘popolo’ come contrasto irrisolto tra pene e vagina. Di fronte agli abusi e ai femminicidi di giovani o non giovani donne sempre più il sussurro si fa grido e si conclude con un soddisfatto: “se l’è voluta”. Così come, assistendo alla trasmissione televisiva di Piazza Pulita, nel ‘dibbattito’ m’impressionavano non tanto le dichiarazioni terrificanti del leader di casa Pound di Ostia sulla vicenda del giornalista picchiato, quanto gli entusiastici battimani del pubblico che sottolineavano le sue più tremende dichiarazioni: veramente “da paura!”

Così ci avviamo alle elezioni nazionali e tra un anno e mezzo anche a quelle comunali. E il coraggio di testimoniare l’appartenenza e la scelta vien sempre meno quando si sente e si vede come crollano miti e persone. Nell’assistere alla puntata di ‘Fratelli di Crozza’ di venerdì 10 ci si rende conto a quale livello si è giunti. Dall’imponente rappresentazione dell’Aida con Radames-Berlu, all’impagabile De Luca, alla new entry Minniti, fino al classico Razzi, la compagine politica si è sciolta sotto i colpi inferti dalla satira come neve al sole. E sempre più ci si domanda: chi votare? Non c’entra nulla la disposizione ereditaria (sono di sinistra e non lo rinnego) ma qual è oggi la sinistra? Si può ancora mettere da parte i fatti e rivolgersi alle idee o in modo misurato anche alle ideologie?
Per fortuna nel panorama politico non tutto è da rifiutare. Penso a una figura come Emma Bonino, al suo radicalismo positivo, al modo e alla dignità con cui ha affrontato il cancro, al suo spendersi per i rifiutati.

E nel mio campo? Tra gli splendidi libri che ci regala la cultura ebraica, con i modesti risultati degli europei, con la mancanza di novità sostanziali di quelli italiani, mi sono imbattuto in un libro corrosivo che ho presentato alla Feltrinelli di Ferrara: ‘Pets. Come gli animali domestici hanno invaso le nostre case e i nostri cuori’, di Guido Guerzoni (Feltrinelli, 2017).
L’autore, come si esplicita nel risvolto di copertina, è un manager culturale che ora dirige il progetto del Museo M9 a Mestre, insegna alla Bocconi e già da tempo lo conoscevo in quanto spesso era di casa all’Istituto di Studi Rinascimentali. Il libro, rigorosissimo, basti vedere l’apparato delle note, vuol dimostrare con ironia e leggerezza la trasformazione del pet da animale di casa ad appendice della nostra vita sostituendo l’infanzia umana con quella animale. La straordinaria invenzione di Guerzoni consiste nel fatto che, mentre gli animali conquistano il loro ruolo umano, quest’ultimo si perde nella virtualità della tecnologia, assumendo il ruolo di avatar di sé stesso. Grandioso. Guerzoni sostiene che tutti gli strepitosi esempi e i racconti sono rigorosamente veri. E questo, come asserisce il cane dell’autore, Pioppo – presente in libreria, un bretone che come sostiene il suo ‘papà’ è un cane di origine ferrarese amatissimo dagli Estensi – produce la progressiva animalizzazione dell’uomo, che a questo punto per forza assumerà gli aspetti primordiali della sua specie (a proposito di capocciate), mentre agli umani pets sarà concesso un comportamento straniante. Si veda l’ultima legge fiorentina che impone agli accompagnatori degli animali di girare con bottiglia d’acqua in modo da poter immediatamente lavare le pipì dei propri ‘bimbi’ per strada. Ma loro come potranno ricambiare? Così: “Non tirare, camminare al fianco, tenere il passo, controllare l’aggressività, non molestare i passanti, non correre in mezzo alla strada inseguendo la palla, non finire sotto le macchine, non fuggire nei centri commerciali, stare buoni in passeggino, non inveire contro gli ospiti, comportarsi urbanamente con i propri simili, stare composti a tavola, non implorare il cibo, non sbavare, non sputare le medicine, non fare i propri bisogni sul pavimento, farsi lavare i denti, sopportare bagni e docce, non vomitare in pulmann, chiedere educatamente di uscire, rimanere soli senza lamentarsi, non mordere a casaccio, non fare i capricci, non essere gelosi, esprimere misuratamente i propri sentimenti, non tirare i fili, non danneggiare poltrone e sofà, non ingoiare solidi pericolosi, non ingerire sostanze tossiche, non lasciare la stanza in disordine, non abbandonare i giocattoli in mezzo al corridoio, non voler dormire a tutti i costi nel lettone con mamma e papà…” (p. 91).

Questo forse gli umani avrebbero voluto dai loro figli e di queste speranze e aspettative caricano i loro pets. Così le ministre debbono far rispettare la legge che impone che fino ai 13/14 anni i figli umani debbono essere accompagnati a scuola e il loro comportamento saggio passerà per forza ai loro fratelli pets.

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dal 23 al 26 ottobre 2024
Quattro giorni di eventi internazionali dedicati al cinema indipendente, alle opere prime, all’innovazione e ai corti a tematica ambientale.

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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