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DIARIO IN PUBBLICO
Settimane letterarie

 

In questi frangenti pandemici si accavallano, si esigono, si compiono a ritmo serrato, presenze in streaming per tener dietro alla fame di cultura attuata in lontananza; purtroppo devo rinunciare anche ad impegni presi molto tempo fa, come il simposio su Parini filosofo dell’educazione tenuto a Brera il 15 aprile e per il quale rimando agli atti.

Stringente ma necessaria invece era la mia presenza alla Giornata di studi organizzata da Italiques LECEMO-Sorbonne Nouvelle Paris 3 Historia Magistra il 16 aprile 2021: Pavese settant’anni dopo Un bilancio critico. Questo convegno aveva lo scopo, come sottolinea il titolo, di tracciare un bilancio dell’attività critica nel giro dei settant’anni trascorsi dalla morte dello scrittore. Organizzatrice dell’incontro una studiosa resasi meritevole per i suoi studi nicciani e per l’encomiabile commento all’ormai celebre Taccuino segreto, pubblicato per la prima volta dal suo ritrovamento tra le carte pavesiane da parte di Lorenzo Mondo in edizione critica dalla casa editrice Aragno nel 2020:
Cesare Pavese, Il Taccuino segreto a cura di Francesca Belviso. Con una testimonianza di Lorenzo Mondo. Introduzione di Angelo d’Orsi, Nino Aragno Editore, Torino 2020.

A tre giorni dal Convegno la BUR pubblica una riedizione del diario pavesiano dal titolo ormai ufficializzato de Il mestiere di vivere con l’aggiunta del Taccuino:
Cesare Pavese, Il Mestiere di vivere. Diario1935-1950 con Il Taccuino segreto. Prefazione di Nadia Terranova. A cura di Salvatore Renna. Introduzione di Enrico Mattioda. Con una testimonianza di Lorenzo Mondo, Bur contemporanea/Rizzoli, Milano, aprile 2021.

E qui scoppia e deflagra un caso che diverrà la ragione principale del Convegno parigino. Leggendo l’introduzione, la bibliografia generale, le note al Taccuino nel volume edito dalla BUR, mi rendo conto dell’improprietà dell’edizione. Ad esempio nella stesura della Bibliografia generale il mio nome è totalmente assente e anche rilevo la trascuratezza con cui vengono usate le note della Belviso al Taccuino senza darne conto critico. Così il tema della mia relazione, che si titolava «L’eterno ritorno». Pavese e il mito in una dimensione europea, si trasforma in un’analisi precisa delle gravi responsabilità dei curatori del volume BUR. A darmi man forte la coordinatrice del pomeriggio, l’amica e collega Anna Dolfi e gran parte dei relatori, tra cui spiccava per acume e comprensione del tema Giuditta Isotti Rosowsky relatrice di Tra i testamenti traditi, il caso Pavese. In conclusione, la giornata pavesiana nello streaming si è protratta dalle 10 di mattina alle 19, con un’ora di intervallo per un frettoloso pasto.

Oggi 25 aprile mi fa piacere trovare sul canale televisivo della Effe riproposto un documentario sul mio autore curato da Paolo Di Paolo, valente studioso che assume particolare importanza nell’essere trasmesso in una data importante come quella in cui si ricorda l’anniversario della Liberazione. Alla sera del Convegno francese mi abbatto sull’accogliente poltrona che nulla ha a che vedere con la tremenda opera di Pesce esposta alla Fiera di Ferrara. Essa mi ha accolto e consolato mentre accarezzavo un libro meraviglioso, la cui importanza è paragonabile per la conoscenza dell’autore ai proustiani Le soixante –quinze feuillets, che l’attivissima amica Dolfi mi aveva spedito con il corriere dalla Biblioteca francese di Firenze il giorno stesso dell’uscita.

Nel caso del volume che accarezzo si tratta di un inedito di Thomas Mann, che è l’autore in assoluto a me più vicino. Il libretto Resoconto parigino, traduzione di Marco Federici Solari, L’Orma editore, Roma 2021, racconta di un viaggio a Parigi fatto nel 1922 dallo scrittore in compagnia della moglie per una serie di conferenze che avrebbero avuto il compito di collegare la cultura francese allo spirito germanico. I nomi che vi compaiono sono quelli che hanno nutrito i miei giovani anni di studioso. C’è perfino citato in positivo Benedetto Croce!

Nel libro si riscontrano alcune scelte linguistiche operate dal traduttore-commentatore assai interessanti, come l’uso reiterato di “suntuoso” in luogo del più comune “sontuoso”. E’ una  rievocazione superba della cultura entre deux guerres che rimanda – e non è un caso – alla straordinaria rievocazione di Oxford in quegli stessi anni, mai uscita in Italia se non in questo 2021 scritta da Evelyn Waugh A Little Learning  (1964), reso in italiano con Autobiografia di un perdigiorno nella ottima traduzione e cura di Mario Fortunato.

Continuo a seguire con evidente interesse trasmissioni assai popolari sulla tv, sia che si chiamino Forum, dove le vicende quasi incredibili dei contendenti dimostrano, se ce ne fosse bisogno, il grado quasi infimo delle relazioni sociali e parentali, quasi tutte legati all’uso del danè, o la serale dose de L’eredità, che mi appassiona per il gioco mnemonico, dove la mia preparazione accademica svanisce nel nulla allorché il soggetto dell’interrogativo da risolvere diventa lo sport o le notizie da social.

Imperdibile invece uno spettacolo che seguo con fedeltà e apprezzamento, il Che tempo che fa condotto da Fabio Fazio, il quale purtroppo è caduto in una imbarazzantissima gaffe allorché, nel presentare il romanzo della mia amatissima amica Edith Bruck, Il pane perduto, la chiama Cruck; forse misteriosamente attratto dal rumore del pane spezzato! Il suo evidentissimo imbarazzo e le sue scuse ne hanno poi dimostrato l’intelligenza e la sensibilità.

Nei miei sempre più brevi spostamenti per raggiungere la libreria e al venerdì la bancarella dei fiori noto tristezza e rassegnazione. Non mi piace nulla questo atteggiamento rinunciatario. Aspetto con ansia dunque le aperture, che avverranno da domani 26 aprile, riponendo ancora una volta la fiducia e la volontà del ritorno in due importanti colonne della vita sociale: l’amicizia e la lettura di ogni forma artistica.

Per leggere gli altri interventi di Gianni Venturi nella sua rubrica Diario in pubblico clicca  [Qui]

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.


PAESE REALE
di Piermaria Romani

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)