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Il 18 luglio la giornata e il ricordo sono dedicati a lei, all’unica Jane: Austen. E all’altra, immensa Virginia: Woolf, che le offre la più affascinante biografia del Novecento, oggi pubblicata dalla casa editrice Eliot, traducendo i pensieri a lei dedicati negli scritti critici di Virginia. Al duo sublime, immenso, manca la terza stella, Elsa: Morante. Così si ricompone la costellazione che mi ha guidato negli anni a cercare verità e bellezza nell’universo femminile, circondata da altre luminose stelle. Si chiamassero Anna, Magnani, o Edith, Piaf, Marylin, Monroe, o Martha Argerich.

Nel così detto ‘chiacchericcio’ Jane propone una visione del mondo che solo Virginia può captare e analizzare: “Dunque tutto quello che sappiamo di Jane Austen deriva da qualche pettegolezzo, da una manciata di lettere e dai suoi romanzi”, esordisce la Woolf. E prosegue con quello che – a mio avviso – fulmina e incide per la sua generazione e per la nostra la ricerca intrapresa dalla ragazza Austen di scrivere per tutti e per nessuno: “Riguardo ai primi, [lettere e romanzi] – medita Virginia – un pettegolezzo che duri nel tempo non è mai spregevole, con qualche aggiustatura svolge il suo compito egregiamente”. Pettegolezzo, chiacchericcio, un mondo nuovo e un modo di giudicare che aprirà nuove strade, nuovi intendimenti nella conquista di un posto – una stanza – tutto per sé, dove finalmente avere coscienza del proprio ruolo nel mondo. Meravigliosa la citazione tratta da uno scritto della quindicenne Jane – ‘Amore e amicizia’ – a uso e consumo dei fratelli e della sorella: “Non era che una semplice donna di buon carattere, cortese ed educata, perciò era difficile detestarla: la potevamo solo disprezzare”.
Io stesso negli ultimi tempi ho fatto, a 80 anni, la stessa considerazione della quindicenne Austen.

Elsa intendeva costruire il suo universo letterario, senza un apartheid tra uomo e donna. Essere scrittore per lei non è questione né di sesso né di condizione femminile. E’ scoprire l’universo della scrittura: niente più.
Mentre dunque mi riempio la mente e la ragione con queste straordinarie creature, alle quali per diritto vanno affiancate Marguerite Yourcenar, Norma Jane o Edith o Maria, il mondo mi rimanda un’immagine atroce, sporca, immorale di ciò che si fa alle donne: stupri, omicidi, violenze, quasi che il bastone del comando detenuto dagli uomini e che – fuor di metafora – è il loro organo sessuale le voglia punire per il semplice motivo di esistere e di ‘tradire’ il loro ruolo, solo quello canonico di essere una mater dolorosa.
Non è solo questione di adeguarsi a un femminismo di maniera, ma di capire perché si esplicita così orrendamente l’odio degli uomini – ovviamente di certi uomini – verso le donne.
E non è solo questione di potere sociale o di quote rosa, ma di abitudini ancestrali difficilissime da estirpare anche in quelle che sono considerate le nazioni più progredite dell’Occidente.
Non è giudicando la condizione femminile dell’Oriente che potremmo risolvere il nostro problema, sarà solo cambiando la mentalità corrente che potremo avvicinarci a quella parità che oggi, purtroppo appare utopia o follia.

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it