DIARIO IN PUBBLICO
Presenze ebraiche ferraresi
Ancora non si spengono gli echi della Festa del libro ebraico che cominciano insofferenze e ‘distinguo’.
La sindaca Raggi per il secondo anno non concede il patrocinio al Festival della cultura ebraica a Roma: “Regione Lazio, Camera di commercio di Roma, Ambasciata israeliana e Comunità ebraica di Roma. Erano questi i loghi che campeggiavano nelle locandine del Festival della cultura ebraica di Roma: non è passata inosservata l’assenza del patrocinio del Comune di Roma, per il secondo anno consecutivo. Ossia, da quando Virginia Raggi è sindaco della capitale dopo la svolta grillino” (‘L’informale’, direttore responsabile Riccardo Ghezzi).
Al mio, mi sembra, giusto risentimento siglato dal termine ‘donnetta incolta’ si è scatenato l’inferno con tutto quello che significava anche l’acquisizione della laurea come elemento di qualificazione. Ma per esercitare il ruolo politico della Raggi, replicavo, occorre la laurea o una cultura di fondo che sappia far combaciare – almeno per quello che è possibile – l’elemento politico con quello etico? Immediatamente mi si è rinfacciato la mancanza di citazioni sugli ‘ometti’ incolti. La risposta era assai chiara: si pensi a Razzi come caso limite.
Un libro importante ha messo in luce la figura di una grande protagonista della vita culturale ferrarese.
Lo ha scritto Sabina Fedeli, si tratta di ‘Gli occhiali del sentimento. Ida Bonfiglioli: un secolo di storia nella memoria di un’ebrea ferrarese’, Firenze, Giuntina, 2017. Nel libro si parla di Ida Bonfiglioli, protagonista in una Ferrara che è in attesa di ritornare centro di civiltà e di cultura nel Dopoguerra. Un rinascimento evocato in queste ore anche dalla scomparsa dell’architetto Carlo Bassi, anch’egli morto in tarda età, grande architetto-cantore della città dalle cento meraviglie. Con lui gli straordinari personaggi che operarono in quel primo momento storico fatto di speranze ed entusiasmo. Luciano Chiappini, Paolo Ravenna, Giorgio Franceschini, Renzo Bonfiglioli, Franco Giovannelli. E i ‘pisani’ sardi come Claudio Varese, Mario Pinna, Giuseppe Dessì, e le sorelle Rinaldi, e Giuseppe Minerbi, Giorgio Bassani, Guido Fink: persone che operavano fuori e dentro le mura dove la ferita della Shoah si allentava nell’ormai comune destino di ebrei ri-divenuti italiani.
La vita di Ida Bonfiglioli, come spesso accade nella realtà che supera l’invenzione si svolge tra continui colpi di scena, con al centro la tristissima vicenda della fuga in Svizzera dell’intera famiglia e del forzato abbandono della madre e della cognata prima di superare la frontiera. Da allora la speranza di Ida per il resto della vita fu ritrovare la madre: invano. E s’affollano le situazioni che potremmo definire bassaniane. Dal campo da tennis della famiglia Magrini, modello di quello del romanzo dello scrittore ferrarese, alle soirées musicali che si tenevano nel loro palazzo di via Palestro, con un giovanissimo Benedetti Michelangeli o Dalla Piccola, al ricordo della favolosa raccolta di libri rinascimentali che, se acquisiti alla città, l’avrebbero resa centro mondiale della editoria rinascimentale, come ben ha messo in luce Giancarlo Petrella nel suo ‘”A la chasse au bonheur” I libri ritrovati di Renzo Bonfiglioli e altri episodi di storia del collezionismo italiano del Novecento’, Olschki, Firenze 2016.
La figura di Ida risalta in questo panorama fatto di crudeltà inumane e di raffinatezze culturali fino alle agnizioni finali, degne di una tragedia greca. Nella sua lunghissima vita sa affrontare con ironia, tratto caratteristico del popolo ebraico, abbandoni e ricongiungimenti, la fame e i banchetti, la povertà e il lusso, prima della mente e poi del corpo. Riconosce l’ex capo dell’ufficio politico della Questura De Sanctis, il torturatore di Fossoli condannato alla fucilazione dopo la Liberazione, poi trasformata in ergastolo, poi liberato per la decorrenza dei termini. E quel De Sanctis è pronipote o certamente parente del grande Francesco De Sanctis, l’iniziatore della critica letteraria in Italia.
Che le colpe dei discendenti non ricadano sugli avi. Davvero una situazione dantesca.
Ida vede consolidato l’amore della figlia Dora con Franco Schönheit che viene internato nei campi a 16 anni con madre e padre e che miracolosamente riesce a scampare assieme ai genitori. Oggi entrambi vivono a Milano e Franco racconta nelle scuole, nel ruolo di testimone, la sua vicenda. L’ho incontrato alla Festa del libro ebraico alla presentazione del libro di Sabina Fedeli assieme a ciò che resta della sua famiglia.
Così Ferrara, la crudele Ferrara, ha avuto una storia di riscatto che la rende ancora esemplare per la storia del Novecento e per la nostra, quella che stiamo vivendo. Ed è giusto che a Ferrara prenda corpo il Meis, un Museo in movimento dove la storia degli ebrei diventa la storia di una città, di una nazione.

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Gianni Venturi
PAESE REALE
di Piermaria Romani
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)